Museo Internazionale

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  Cappella degli Scrovegni
  Piazza Eremitani 8
    Padova

  Tel.   +39 0492010020

 

  Email:   info@cappelladegliscrovegni.it

  Web:  

Storia

Introduzione

L'origine della Cappella

Decorazione della Cappella

Il progetto di Giotto

Periodo moderno

Il restauro

Abside

Rifacimento dell'abside

La zona absidale

Ciclo Pittorico

Introduzione al ciclo pittorico

Il tema del ciclo pittorico

Lunetta - Arco Trionfale

Dio invia l'Arcangelo Gabriele

Primo registro - parete sud

Cacciata di Gioacchino

Ritiro di Gioacchino fra i pastori

Annuncio a Sant'Anna

Sacrificio di Gioacchino

Sogno di Gioacchino

Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta D'Oro

Primo registro -parete nord

Natività di Maria

Presentazione di Maria al Tempio

Consegna delle Verghe

Preghiera per la fioritura delle Verghe

Sposalizio della Vergine

Corteo Nuziale di Maria

Arco Trionfale

Angelo Annunciante e Vergine Annunciata

Visitazione

Tradimento di Giuda

Secondo registro - parete sud

Natività di Gesù e annuncio ai pastori

Adorazione dei Magi

Presentazione di Gesù al Tempio

Fuga in Egitto

Strage degli Innocenti

Secondo registro - parete nord

Cristo fra i Dottori

Battesimo di Cristo

Nozze di Cana

Resurrezione di Lazzaro

Ingresso a Gerusalemme

Cacciata dei Mercanti dal Tempio

Terzo registro - parete sud

Ultima Cena

Lavanda dei Piedi

Bacio di Giuda

Cristo davanti a Caifa

Cristo Deriso

Terzo registro - parete nord

Salita al Calvario

Crocefissione

Compianto sul Cristo Morto

Resurrezione e Noli Me Tangere

Ascensione

Pentecoste

Controfacciata

Giudizio Universale

Introduzione alla Cappella degli Scrovegni

(Introduzione alla Cappella degli Scrovegni)

(Introduction to the Scrovegni Chapel)

  La Cappella degli Scrovegni, conosciuta da tutti con il cognome del suo committente Enrico, è intitolata a Santa Maria della Carità e nota in tutto il mondo per lo straordinario ciclo pittorico realizzato da Giotto. L'opera costituisce il massimo capolavoro ad affresco dell'artista e testimonia la profonda rivoluzione che il pittore toscano portò nell'arte occidentale. In precedenza cappella privata, ospita un noto ciclo di affreschi di Giotto dei primi anni del XIV secolo, considerato uno dei capolavori dell'arte occidentale. La navata è lunga 29,88 m, larga 8,41 m e alta 12,65 m; l'abside è costituito da una prima parte a pianta quadrata, profonda 4,49 m e larga 4,31 m, e da una successiva, a forma poligonale a cinque lati, profonda 2,57 m e coperta da cinque unghiature nervate[1]. Dal 2021 fa parte dei patrimoni dell'umanità UNESCO nel sito dei cicli di affreschi del XIV secolo di Padova. I dipinti celati all'interno della cappella degli Scrovegni diedero il via a una rivoluzione pittorica che si sviluppò in tutto l'arco del Trecento e che influenzò la storia della pittura.

L'origine della Cappella

(L'origine della Cappella)

(The origin of the chapel)

  La cappella fu commissionata da Enrico degli Scrovegni, figlio di Rinaldo, facoltoso usuraio padovano, che agli inizi del Trecento aveva acquistato da un nobile decaduto, Manfredo Dalesmanini, l'area dell'antica arena romana di Padova. Qui provvide a edificare un sontuoso palazzo, di cui la cappella era oratorio privato e futuro mausoleo familiare. Chiamò ad affrescare la cappella il fiorentino Giotto, il quale, dopo aver lavorato con i francescani di Assisi e di Rimini, era a Padova chiamato dai frati minori conventuali ad affrescare la sala del Capitolo, la cappella delle benedizioni e forse altri spazi nella Basilica di Sant'Antonio. Infondata è la voce secondo cui Enrico Scrovegni avrebbe commissionato la Cappella come atto d'espiazione del peccato commesso dal padre, che Dante Alighieri, qualche anno dopo la conclusione del ciclo giottesco, pone all'Inferno tra gli usurai

La Decorazione della Cappella degli Scrovegni

(La Decorazione della Cappella degli Scrovegni)

(The Decoration of the Scrovegni Chapel)

  Menzioni antiche trecentesche (Riccobaldo Ferrarese, Francesco da Barberino, 1312-1313) certificano la presenza di Giotto al cantiere. La datazione degli affreschi è deducibile con buona approssimazione da una serie di notizie: l'acquisto del terreno avvenne nel febbraio dell'anno 1300, il vescovo di Padova Ottobono dei Razzi autorizzò la costruzione prima del 1302 (data del suo trasferimento al Patriarcato di Aquileia); la prima consacrazione si ebbe nella ricorrenza della Festa dell'Annunciazione, il 25 marzo 1303; il 1˚ marzo 1304 papa Benedetto XI concesse l'indulgenza a chi avesse visitato la cappella e un anno dopo, sempre nella ricorrenza del 25 marzo (1305), la cappella veniva consacrata. Nell'arco di tempo tra il 25 marzo 1303 e il 25 marzo 1305 si colloca dunque il lavoro di Giotto. Per inciso, nel Giudizio Universale della Cappella, un raggio di luce ogni 25 marzo passa tra la mano di Enrico e quella della Madonna.

Il Progetto di Giotto

(Il Progetto di Giotto)

(Giotto's Project)

  Giotto dipinse l'intera superficie interna dell'oratorio con un progetto iconografico e decorativo unitario, ispirato da un teologo agostiniano di raffinata competenza, recentemente identificato da Giuliano Pisani in Alberto da Padova. Tra le fonti utilizzate vi sono molti testi agostiniani, i Vangeli apocrifi dello pseudo-Matteo e di Nicodemo, la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze e, per qualche dettaglio iconografico, le Meditazioni sulla vita di Gesù dello pseudo-Bonaventura, oltre a testi della tradizione medievale cristiana, tra cui Il Fisiologo.

Quando lavora alla decorazione della Cappella il grande maestro dispone di una squadra di una quarantina di collaboratori e si sono calcolate 625 "giornate" di lavoro, dove per giornata non si intende l'arco delle 24 ore, ma la porzione di affresco che si riesce a dipingere prima che l'intonaco si secchi (cioè non sia più “fresco”).

Il Periodo Moderno

(Il Periodo Moderno)

(The Modern Period)

  La cappella era originariamente collegata attraverso un ingresso laterale al palazzo Scrovegni, abbattuto nel 1827 per ricavarne materiali preziosi e far spazio a due condomini. Il Palazzo era stato fatto erigere seguendo il tracciato ellittico dei resti dell'antica arena romana. La cappella fu ufficialmente acquisita dalla municipalità di Padova con atto notarile nel 1881, un anno dopo il mandato del Consiglio Comunale nella seduta del 10 maggio 1880. Subito dopo l'acquisto i condomini furono abbattuti e la cappella fu oggetto di restauri, non sempre felici.

Il restauro del 2001

(Il restauro del 2001)

(The 2001 restoration)

  Nel giugno del 2001, dopo vent'anni di indagini e studi preliminari, l'Istituto Centrale per il Restauro del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Comune di Padova avviarono il restauro degli affreschi di Giotto, sotto la guida di Giuseppe Basile. Un anno prima erano stati completati gli interventi sulle superfici esterne dell'edificio e si era inaugurato l'adiacente Corpo Tecnologico Attrezzato (CTA), dove i visitatori, in gruppi di massimo venticinque per volta, sono chiamati a sostare una quindicina di minuti per sottoporsi a un processo di deumidificazione e depurazione dalle polveri. Nel marzo del 2002 la Cappella fu riconsegnata al mondo in tutto il suo ritrovato splendore. Restano aperti alcuni problemi, come l'allagamento della cripta sottostante la navata per la presenza di una falda acquifera, o i cordoli in cemento introdotti agli inizi degli anni sessanta del XX secolo in sostituzione degli originali lignei (con evidenti ripercussioni sulla diversa elasticità dell'edificio).

L'abbattimento della parte absidale

(L'abbattimento della parte absidale)

(The demolition of the apse)

  Nel gennaio del 1305, quando i lavori alla cappella stavano per concludersi, gli Eremitani, che vivevano in un convento li vicino, protestarono con veemenza perché la costruzione della cappella, andando oltre gli accordi presi, si stava trasformando da oratorio in una vera e propria chiesa con tanto di campanile, creando dunque concorrenza alle attività degli Eremitani. Si ignora come la vicenda si sia conclusa, ma è probabile che in seguito a queste rimostranze la Cappella degli Scrovegni abbia subito l'abbattimento della monumentale parte absidale con ampio transetto (documentata nel "modellino" dipinto da Giotto nell'affresco in controfacciata), dove lo Scrovegni aveva progettato di inserire il proprio mausoleo sepolcrale: la datazione più tarda degli affreschi dell'abside (post 1320) confermerebbe questa ipotesi

La Zona Absidale

(La Zona Absidale)

(The Apsidal Zone)

  La zona absidale, che tradizionalmente è la più significativa di un edificio sacro e che ospita anche la tomba di Enrico e della sua seconda moglie, Iacopina d'Este, presenta un restringimento inconsueto e trasmette un senso di incompletezza, quasi di disordine. Anche nel riquadro inferiore destro dell'arco trionfale, sopra il piccolo altare dedicato a Caterina d'Alessandria, la perfetta simmetria giottesca è alterata da una decorazione a fresco - con due tondi con busti di sante e una lunetta che rappresenta Cristo in gloria e due episodi della passione, la preghiera nell'orto del Getsemani e la flagellazione -, che crea un effetto di squilibrio. La mano è la stessa che affresca gran parte della zona absidale, un pittore ignoto, il Maestro del coro Scrovegni, che opererebbe nel terzo decennio del Trecento, una ventina d'anni dopo la conclusione del lavoro di Giotto. Il punto focale del suo intervento sono sei grandi scene sulle pareti laterali del presbiterio, dedicate all'ultima fase della vita terrena della Madonna, coerentemente con il programma affrescato da Giotto.

Il Ciclo Affrescato della Cappella degli Scrovegni

(Il Ciclo Affrescato della Cappella degli Scrovegni)

(The Frescoed Cycle of the Scrovegni Chapel)

  Il ciclo affrescato da Giotto in soli due anni, tra il 1303 e il 1305, si dispiega sull’intera superficie interna della Cappella narrando la Storia della Salvezza in due percorsi differenti: il primo con le Storie della Vita della Vergine e di Cristo dipinto lungo le navate e sull'arco trionfale; il secondo inizia con i Vizi e le Virtù, affrontate nella pozione inferiore delle pareti maggiori, e si conclude con il maestoso Giudizio Universale in controfacciata

La prima grande rivoluzione di Giotto

(La prima grande rivoluzione di Giotto)

(Giotto's first great revolution)

  La prima grande rivoluzione compiuta da Giotto a Padova è nella rappresentazione dello spazio: si possono ammirare esempi di "prospettiva" e di resa della terza dimensione che anticipano di cent'anni leteorie rinascimentali

La seconda grande rivoluzione di Giotto

(La seconda grande rivoluzione di Giotto)

(Giotto's second great revolution)

  La seconda è l'attenzione rivolta alla rappresentazione dell'uomo, nella sua fisicità ed emotività: ciò viene ben espresso da Giotto nelle Storie della Vita della Vergine e di Cristo in cui emergono con intensità le gioie e i dolori umani, di cui restano significativi e celebri esempi la tenerezza del bacio di Gioacchino ed Anna ne L'incontro alla Porta Aurea e la disperazione delle madri in lacrime ne La strage degli innocenti.

Il Ciclo Pittorico

(Il Ciclo Pittorico)

(The Pictorial Cycle)

  L'aula si presenta interamente affrescata su tutte e quattro le pareti. Giotto stese gli affreschi su tutta la superficie, organizzati in quattro fasce dove sono composti i pannelli con le storie vere e proprie dei personaggi principali divisi da cornici geometriche. La forma asimmetrica della cappella, con sei finestre solo su un lato, determinò il modulo della decorazione: una volta scelto di inserire due riquadri negli spazi tra le finestre, si calcolò poi l'ampiezza delle fasce ornamentali per inserirne altrettanti di eguale misura sull'altra parete.

Il ciclo pittorico, incentrato sul tema della salvezza, ha inizio dalla lunetta in alto sull'Arco Trionfale, quando Dio decide la riconciliazione con l'umanità affidando all'arcangelo Gabriele il compito di cancellare la colpa di Adamo con il sacrificio di suo figlio fatto uomo. Prosegue con le Storie di Gioacchino ed Anna (primo registro, parete sud), le Storie di Maria (primo registro, parete nord), ripassa sull'Arco Trionfale con le scene dell'Annunciazione e della Visitazione, cui seguono le Storie di Cristo (secondo registro, pareti sud e nord), che continuano, dopo un passaggio sull'Arco Trionfale (Tradimento di Giuda), sul terzo registro, pareti sud e nord. L'ultimo riquadro della Storia Sacra è la Pentecoste. Subito sotto si apre il quarto registro con i monocromi dei vizi (parete nord) e i monocromi delle virtù (parete sud). La parete ovest (o controfacciata) reca il grandioso Giudizio Universale

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Dio invia l'arcangelo Gabriele è un affresco con un inserto a tempera su tavola (230x690 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. Decora la lunetta sopra l'altare ed è strettamente in relazione con gli episodi sottostanti che compongono l'Annunciazione.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Dall'alto del suo trono Dio comanda all'arcangelo Gabriele la sua missione da compiere con l'Annunciazione. I gradini del trono, così solenne nella sua centralità, ricordano la volta dei Dottori della Chiesa ad Assisi. Due gruppi vari e movimentati di angeli si trovano a destra e a sinistra e rappresentano le legioni angeliche. Il raro prologo in cielo della frequentemente rappresentata scena dell'annunciazione, mostra la formazione della decisione divina, che più in basso ha la sua attuazione terrena

Stile

(Stile)

(Style)

  Sebbene in precario stato conservativo la scena spicca per la scioltezza con cui si dispongono i gruppi di angeli, occupando uno spazio astratto come lo sfondo celeste, ma reso reale più che mai dal loro disporsi in profondità. Essi sono liberi di muoversi, parlare tra loro, tenersi per mano, suonare e cantare, anticipando di più di un secolo gli idilliaci paradisi del Beato Angelico. Tra di essi, alle estremità, si vedono due gruppetti di angioletti musicanti. A differenza della maggior parte della altre scene del ciclo, la lunetta e la sottostante Annunciazione sono impostate su uno schema simmetrico, forse per la loro particolare collocazione al centro della cappella, sull'arco trionfale.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Cacciata di Gioacchino è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È l'affresco in cui hanno inizio le storie, in particolare quelle di Gioacchino e Anna, e fu probabilmente il primo ad essere dipinto dell'intero ciclo, dopo l'affrescatura della volta

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Una consuetudine ebraica riteneva le coppie sterili ignominiose poiché non benedette da Dio e quindi indegne di sacrificare nel Tempio. L'anziano Gioacchino, che non ha avuto figli, si era infatti recato per portare un agnello e ne viene scacciato da un sacerdote (riconoscibile per il particolare copricapo arrotolato). All'interno del Tempio, dall'architettura che ricorda le basiliche romane, un altro sacerdote sta invece benedicendo un giovane, per contrasto con la vicenda di Gioacchino: il dramma psicologico e umano dell'anziano è così evidenziato più che mai, nell'eloquenza di gesti e espressioni.

Il Tempio di Gerusalemme è rappresentato come un'architettura aperta circondata da un alto parapetto con specchiature marmoree, dal quale si levano un ciborio arnolfiano e una sorta di pulpito con una scaletta che lo raggiunge. Vi sono presenti linee di forza che guidano l'occhio dell'osservatore verso i fulcri narrativi. L'artista dispose l'architettura con uno scorcio sfasato orientando l'azione verso destra, in modo da assecondare la lettura delle storie: la scena si trova infatti nel registro superiore della parete destra in angolo con l'arcone della parete dell'altare e la scena successiva si sviluppa appunto verso destra. La stessa architettura, ma con un punto di vista diverso, ricompare anche nell'affresco della Presentazione di Maria al Tempio.

Stile

(Stile)

(Style)

  La stesura è morbida con un uso intenso dei colori e un sapiente uso delle luci e delle ombre per creare sia la plasticità delle figure, sia la profondità spaziale (si veda la colonnina tortile in ombra del ciborio). Come sottolineò Luciano Bellosi, straordinario è l'equilibrio tra la classicità composta derivata dall'esempio dell'antico e l'eleganza raffinata ispirata al gotico francese, con un tono della narrazione "solenne e alto, ma disteso e sereno". Paradigmatico è poi, in questa come in altre scene, il rapporto organico tra architettura e figure, ottenendo il risultato di un complesso unitario.

I restauri hanno evidenziato pentimenti nella testa del giovane, che è stata rifatta, e nell'architettura in alto a destra

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Ritiro di Gioacchino tra i pastori è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. Fa parte delle Storie di Gioacchino e Anna nel registro più alto della parete destra, guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Le Storie di Gioacchino e Anna si ispirano al Protovangelo di san Giacomo e allo Pseudo Matteo (in latino) e al De Nativitate Mariae, che si ritrovano poi anche, rielaborati, nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. Modelli iconografici furono poi manoscritti miniati di origine bizantina, magari attraverso le derivazioni occidentali, anche se l'artista rinnovò profondamente tali modelli applicando la sua sensibilità moderna, in linea con i principi degli ordini mendicanti.

Dopo la cacciata dal Tempio, Gioacchino si ritira in penitenza tra i pastori, in montagna. La mortificazione dell'uomo è espressa efficacemente dal suo andare mesto e raccolto, a testa bassa, a differenza del cagnolino che gli si fa incontro festoso. I due pastori, davanti a lui, si guardano pensierosi. Una quinta rocciosa ad hoc evidenza le figure umane e il nucleo narrativo della scena. A destra si trova la capanna da cui escono le piccole pecore e che culmina in alto in uno sperone di roccia scheggiata, alla bizantina. Alberelli spuntano qua e là stagliandosi sullo sfondo

Stile

(Stile)

(Style)

  La stesura è morbida con un uso intenso dei colori e un sapiente uso delle luci e delle ombre per creare la plasticità delle figure, grazie anche alla robustezza del disegno. Paradigmatico è poi, in questa come in altre scene, il rapporto organico tra sfondo e figure, ottenendo il risultato di un complesso unitario.

Per questa scena sono stati evidenziati alcuni possibili modelli sia nella statuaria classica che in quella transalpina gotica. È stata notata una somiglianza con la Presentazione al Tempio di Nicola Pisano nel pulpito del Duomo di Siena a sua volta derivata da un Dioniso ebbro portato da un satiro su un sarcofago antico del Camposanto monumentale di Pisa.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Annuncio a sant'Anna è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. Fa parte delle Storie di Gioacchino e Anna nel registro più alto della parete destra, guardando verso l'altare. Le Storie di Gioacchino e Anna si ispirano al Protovangelo di san Giacomo e allo Pseudo Matteo (in latino) e al De Nativitate Mariae, che si ritrovano poi anche, rielaborati, nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. Modelli iconografici furono poi manoscritti miniati di origine bizantina, magari attraverso le derivazioni occidentali, anche se l'artista rinnovò profondamente tali modelli applicando la sua sensibilità moderna, in linea con i principi degli ordini mendicanti.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena raffigura sant'Anna, donna di mezza età, mentre prega nella sua stanza e un angelo le porta l'annuncio della sua prossima maternità: la coppia, ormai avanti con gli anni, non aveva infatti avuto figli e ciò, secondo la tradizione ebraica, era segno di ignominia e di inimicizia con Dio, fatto che aveva causato a suo marito, Gioacchino, la cacciata dal Tempio di Gerusalemme. L'angelo, secondo lo Pseudo Matteo (2, 3-4), le dice: «Non temere Anna. Dio ha stabilito di esaudire la tua preghiera. Chi nascerà da te sarà di ammirazione per tutti i secoli»

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  L'iconografia si rifà a quella classica dell'Annunciazione, qui calata in un contesto domestico e quotidiano rappresentato con amorevole cura del dettaglio. Dentro una scatola prospettica, composta da una stanza senza una parete per permettere di vedere l'interno, si vede infatti Anna nella sua stanza con un letto ben rifatto con coperta a righe, disposto tra due cortine appese a stanghe rette da lacci appesi a soffitto a cassettoni, una mensolina, un forziere, una cassapanca, un soffietto e qualche altra suppellettile appesa a chiodi sul muro. La stessa stanza ricompare poi anche nella scena della Natività di Maria. L'angelo si affaccia a una finestrella verso la quale la santa inginocchiata rivolge la sua preghiera. L'ambiente è di una semplicità borghese, che contrasta con la decorazione esterna dell'edificio e con la ricchezza della veste di Anna, di un vivace arancione con bordature dorate.

La stanza di S. Anna

(La stanza di S. Anna)

(The room of S. Anna)

  La stanza ha una decorazione di tipo classicheggiante, con fregi scolpiti, tetto a spioventi e timpani, di cui quello frontale ha un bassorilievo che mostra un busto di Isaia entro un clipeo a forma di conchiglia portato da due angeli in volo (motivo ripreso dai sarcofagi romani con ritratto del defunto e genietti alati). A sinistra si trova la porta di ingresso e un portico con una scala che porta a una terrazza soprastante. Sotto il portico si trova una nota quotidiana, una serva che fila la lana, impugnando una spola e un rocchetto. Questa figura, trattata quasi a monocromo, ha un fortissimo rilievo scultoreo e una forma dilatata sotto il panneggio che sembra anticipare capolavori come la Madonna di Ognissanti. La sua presenza è concretizzata infatti dall'articolazione della veste, con le pieghe tenute in tirare dall'articolazione del ginocchio sinistro.

Stile

(Stile)

(Style)

  La stesura è morbida con un uso intenso dei colori e un sapiente uso delle luci e delle ombre per creare sia la plasticità delle figure, sia la profondità spaziale (si veda l'oscurità nel portico). Paradigmatico è poi, in questa come in altre scene, il rapporto organico tra architettura e figure, ottenendo un risultato unitario.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Sacrificio di Gioacchino è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. Fa parte delle Storie di Gioacchino e Anna nel registro più alto della parete destra, guardando verso l'altare. Le Storie di Gioacchino e Anna si ispirano al Protovangelo di san Giacomo e allo Pseudo Matteo (in latino) e al De Nativitate Mariae, che si ritrovano poi anche, rielaborati, nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. Modelli iconografici furono poi manoscritti miniati di origine bizantina, magari attraverso le derivazioni occidentali, anche se l'artista rinnovò profondamente tali modelli applicando la sua sensibilità moderna, in linea con i principi degli ordini mendicanti.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Gioacchino, ritiratosi tra i pastori in penitenza e ignaro del miracoloso annuncio alla moglie, decide di offrire un sacrificio a Dio per ingraziarselo e concedergli la nascita di un figlio. Alla presenza di un pastore che prega, con vicino una parte del gregge, l'anziano si sporge verso l'altare per soffiare sul fuoco e cuocere l'agnello. Il sacrificio viene accettato come dimostra l'apparire della mano benedicente di Dio in cielo e dell'arcangelo Gabriele (si riconosce dal ramo in mano). Dall'offerta sacrificale si leva una piccola figura di frate orante, un'apparizione simbolica in parte aggiunta a secco e oggi semi-scomparsa.

Composizione

(Composizione)

(Composition)

  Gioacchino, ritiratosi tra i pastori in penitenza e ignaro del miracoloso annuncio alla moglie, decide di offrire un sacrificio a Dio per ingraziarselo e concedergli la nascita di un figlio. Alla presenza di un pastore che prega, con vicino una parte del gregge, l'anziano si sporge verso l'altare per soffiare sul fuoco e cuocere l'agnello. Il sacrificio viene accettato come dimostra l'apparire della mano benedicente di Dio in cielo e dell'arcangelo Gabriele (si riconosce dal ramo in mano). Dall'offerta sacrificale si leva una piccola figura di frate orante, un'apparizione simbolica in parte aggiunta a secco e oggi semi-scomparsa.

Stile

(Stile)

(Style)

  La stesura è morbida con un uso intenso dei colori e un sapiente uso delle luci e delle ombre per evidenziare la plasticità delle figure.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Sogno di Gioacchino è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. Fa parte delle Storie di Gioacchino e Anna nel registro più alto della parete destra, guardando verso l'altare. Le Storie di Gioacchino e Anna si ispirano al Protovangelo di san Giacomo e allo Pseudo Matteo (in latino) e al De Nativitate Mariae, che si ritrovano poi anche, rielaborati, nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. Modelli iconografici furono poi manoscritti miniati di origine bizantina, magari attraverso le derivazioni occidentali, anche se l'artista rinnovò profondamente tali modelli applicando la sua sensibilità moderna, in linea con i principi degli ordini mendicanti.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  L'ambientazione della scena è la stessa di quella del Ritiro di Gioacchino tra i pastori. L'uomo anziano si è addormentato davanti alla capanna delle greggi e un angelo gli appare in sogno annunciandogli la prossima nascita di Maria, sua figlia. Il testo dell'annuncio è riportato nello Pseudo-Matteo (3,4): «Io sono il tuo angelo custode; non aver paura. Ritorna da Anna, tua consorte, perché le tue opere di misericordia sono state narrate a Dio e siete stati esauditi nelle vostre preghiere». L'angelo tiene in mano un bastone impugnato come uno scettro, dal quale fuoriescono in cima tre foglioline, simbolo della Trinità. La figura di Gioacchino accovacciato e dormiente è una massa plastica piramidale di stampo scultoreo, col panneggio trattato in modo da rendere visibile il corpo sottostante, amplificato nella massa, e lo stringersi del tessuto per avvolgere il corpo. La figura è stata messa in relazione con una analoga di Giovanni Pisano (da alcuni attribuita ad Arnolfo di Cambio) nel pulpito del Duomo di Siena. Assistono due pastori ritratti con cura dei dettagli (dall'abito e il cappello alle calzature, fino al bastone al quale uno si appoggia impigliando una parte della veste) e vicini al gregge, che riposa o bruca, e al cane. Attenta è anche la rappresentazione degli arbusti dell'aspro paesaggio montano, curati con precisione da miniatore.

Composizione

(Composizione)

(Composition)

  Ben studiata appare la composizione, con la linea di forza del crinale roccioso parallela all'andamento dell'angelo e che culmina verso la figura di Gioacchino, dirigendovi senza esitazioni lo sguardo dello spettatore. Bilanciato con sapienza è il rapporto tra figure e paesaggio, che non è un semplice sfondo, ma il vero palcoscenico dell'azione, abitato dai personaggi. La stesura è morbida con un uso intenso dei colori e un sapiente uso delle luci e delle ombre per evidenziare la plasticità delle figure.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta d'Oro è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È l'ultimo delle Storie di Gioacchino e Anna nel registro più alto della parete destra, guardando verso l'altare. Le Storie di Gioacchino e Anna si ispirano al Protovangelo di san Giacomo e allo Pseudo Matteo (in latino) e al De Nativitate Mariae, che si ritrovano poi anche, rielaborati, nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. Modelli iconografici furono poi manoscritti miniati di origine bizantina, magari attraverso le derivazioni occidentali, anche se l'artista rinnovò profondamente tali modelli applicando la sua sensibilità moderna, in linea con i principi degli ordini mendicanti.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Dopo essere stato cacciato dal Tempio di Gerusalemme per essere ritenuto sterile (e quindi non benedetto da Dio), Gioacchino si rifugiò in ritiro presso i pastori delle montagne. Nel frattempo Anna, convinta di essere rimasta vedova, aveva avuto un miracoloso annuncio da un angelo che le aveva rivelato che presto avrebbe avuto un bambino. Nel frattempo anche Gioacchino aveva sognato un angelo, che lo confortava come Dio avesse ascoltato le sue preghiere e dovesse tornare a casa dalla moglie. La scena mostra dunque l'incontro tra i due, che secondo lo Pseudo Matteo (3,5), avvenne davanti alla Porta d'Oro o Porta Aurea (She'ar Harahamim) di Gerusalemme, dopo che entrambi erano stati avvisati da messaggeri divini. Da sinistra proviene infatti Gioacchino, seguito da un pastore, e da destra Anna, seguita da un gruppo di donne diversificate per classe sociale, studiate accuratamente nelle acconciature e negli abiti. I due consorti vanno incontro l'uno all'altro e, subito fuori dalla porta, su un ponticello, si scambiano un affettuoso bacio, che allude alla procreazione (senza macchia): infatti Anna rimase subito dopo incinta.

Architettura della porta

(Architettura della porta)

(Door architecture)

  L'architettura della porta ricorda l'arco di Augusto di Rimini ed è uno degli indizi che collocano il soggiorno del pittore nella città romagnola prima di arrivare a Padova. Celebre è la naturalezza della scena, col pastore che incede per metà tagliato fuori dalla scena (a sottintendere uno spazio più grande di quello dipinto), o col bacio e l'abbraccio reciproco della coppia, sicuramente il più realistico dipinto fino ad allora e che rimarrà tale per quasi due secoli. Molto lodata dalla critica è stata la scelta di disegnare la coppia come una "piramide plastica" dalla grande forza espressiva. Emblematica è la figura vestita di nero, colore raro in Giotto, che si copre metà del volto col mantello: forse un'allusione allo stato di vedovanza tenuto fino ad allora da Anna.

La luce nella composizione

(La luce nella composizione)

(The light in the composition)

  La luce ha un ruolo chiave nella composizione, definendo il volume delle figure e anche la profondità spaziale, come mostrano i pilastri posteriori delle altane nelle torri, dipinti in ombra. Prevalgono le tinte pastello e molto curati sono i dettagli, soprattutto nel gruppo delle ricche donne. Bilanciato con sapienza è il rapporto tra figure e architettura, che non è un semplice sfondo, ma il vero palcoscenico dell'azione, abitato dai personaggi.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Natività di Maria è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È la prima delle Storie di Maria nel registro più alto della parete sinistra, guardando verso l'altare. La dedica della cappella alla Vergine della Carità spiega la presenza del ciclo di storie mariane che, sommate a quelle dei genitori Gioacchino e Anna, costituiscono la più estesa rappresentazione fino ad allora dipinta in Italia. Le Storie di Maria, dalla nascita allo sposalizio, si ispirano alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  Ambientata nella stessa identica abitazione di sant'Anna che appare nell'Annuncio, la scena mostra l'anziana donna che sdraiata nel proprio letto (uguale è anche la coperta a righe), ha appena partorito e riceve la figlia fasciata da una levatrice, mentre una seconda le sta per porgere qualcosa da mangiare. La scena mostra inoltre altri due episodi: in basso due aiutanti hanno appena fatto il primo bagnetto alla neonata e l'hanno fasciata (una tiene ancora in grembo un rotolo di stoffa), mentre all'ingresso dell'abitazione un'altra fantesca riceve un pacchetto di panni da una donna vestita di bianco.

Stile

(Stile)

(Style)

  Le figure hanno un carattere scultoreo, ispirato forse ai pulpiti di Giovanni Pisano, con allungamenti ed eleganze derivate dal gotico francese. Per accentuare maggiormente la profondità prospettica, Giotto dipinse il sostegno delle cortine che circondano il letto con stanghe che formano un rettangolo, appropriatamente scorciato.

È stato ipotizzato che la donna che porge la bambina, dall'elegante vestito azzurro con bordature dorate, possa essere la moglie di Enrico degli Scrovegni.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Presentazione di Maria al Tempio è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Maria situate nel registro più alto della parete sinistra, guardando verso l'altare. La dedica della cappella alla Vergine della Carità spiega la presenza del ciclo di storie mariane che, sommate a quelle dei genitori Gioacchino e Anna, costituiscono la più estesa rappresentazione fino ad allora dipinta in Italia. Le Storie di Maria, dalla nascita allo sposalizio, si ispirano alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Il Tempio di Gerusalemme è lo stesso rappresentato nella prima scena, quella della Cacciata di Gioacchino, ma qui visto da un punto diverso. Siamo infatti all'entrata, dove fronteggia il pulpito raggiungibile dalla scala marmorea, col ciborio dalle colonnette tortili più arretrato. Maria adolescente sale i gradini del Tempio accompagnata dalla madre (indossante un mantello di un rosso inteso da cui sporge la sua solita veste arancio), seguita da un servo che tiene sulla schiena un cesto pieno di panni e dallo sguardo del padre Gioacchino. Essa viene accolta dal sacerdote che le tende le braccia e da una serie di ragazze vestite come suore: il periodo trascorso al Tempio di Gerusalemme per le fanciulle era infatti simile a un ritiro monastico e nelle storie mariane sottolinea il suo restare vergine, uscendovi solo per sposare l'anziano Giuseppe, che quindi (è sottinteso) non la possederà.

Stile

(Stile)

(Style)

  Un tocco di quotidianità è offerto dai passanti, come quelli di schiena a destra che osservano indicando e chiacchierando tra di loro. La scena ha un suo fulcro evidenziato anche dall'architettura, evitando le rigidità della simmetria, con una semplificazione delle superfici di grande efficacia, con un rapporto calibrato tra architettura e figure che la popolano. La gestualità è lenta e calcolata, i colori sono chiari, intrisi di luce, la plasticità delle figure è accentuata dal chiaroscuro e dal disegno robusto.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Consegna delle verghe è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Maria situate nel registro più alto della parete sinistra, guardando verso l'altare. La dedica della cappella alla Vergine della Carità spiega la presenza del ciclo di storie mariane che, sommate a quelle dei genitori Gioacchino e Anna, costituiscono la più estesa rappresentazione fino ad allora dipinta in Italia. Le Storie di Maria, dalla nascita allo sposalizio, si ispirano alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  Le tre scene della Consegna delle verghe, della Preghiera per la fioritura delle verghe e dello Sposalizio della Vergine sono ambientate davanti al medesimo nicchione cassettonato sopra un altare, che simboleggia, con l'architettura che lo contiene, la navata di una chiesa. Sebbene alcuni personaggi si trovino all'esterno, sullo sfondo del cielo, secondo le convenzioni dell'arte medievale le scene sono da intendersi come avvenute "dentro" l'edificio, in questo caso una basilica.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Maria è in età da matrimonio ed è reclusa dentro il Tempio di Gerusalemme, dove vive come una monaca. Prima di darla in sposa un annuncio divino fa presente che solo chi avrà il miracolo di vedere fiorita una verga che porterà con sé potrà maritare la fanciulla. Ecco allora che i pretendenti portano le verghe al sacerdote, posto dietro un altare coperto da una stoffa preziosa. Tra di essi, ultimo nella fila, c'è anche l'anziano Giuseppe, l'unico con l'aureola. Dio sceglierà proprio lui per la sua avanzata età e la sua santità, in modo da mantenere la castità della sposa. Il sacerdote è ben riconoscibile per il particolare cappello arrotolato ed è assistito da un altro anziano, vestito di verde sulla sinistra.

Stile

(Stile)

(Style)

  La gestualità è lenta e calcolata, i colori sono chiari, intrisi di luce, la plasticità delle figure è accentuata dal chiaroscuro e dal disegno robusto.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Preghiera per la fioritura delle verghe è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Maria situate nel registro più alto della parete sinistra, guardando verso l'altare. La dedica della cappella alla Vergine della Carità spiega la presenza del ciclo di storie mariane che, sommate a quelle dei genitori Gioacchino e Anna, costituiscono la più estesa rappresentazione fino ad allora dipinta in Italia. Le Storie di Maria, dalla nascita allo sposalizio, si ispirano alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  Le tre scene della Consegna delle verghe, della Preghiera per la fioritura delle verghe e dello Sposalizio della Vergine sono ambientate davanti al medesimo nicchione cassettonato sopra un altare, che simboleggia, con l'architettura che lo contiene, la navata di una chiesa. Sebbene alcuni personaggi si trovino all'esterno, sullo sfondo del cielo, secondo le convenzioni dell'arte medievale le scene sono da intendersi come avvenute "dentro" l'edificio, in questo caso una basilica.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Maria è in età da matrimonio ed è reclusa dentro il Tempio di Gerusalemme, dove vive come una monaca. Prima di darla in sposa un annuncio divino fa presente che solo chi avrà il miracolo di vedere fiorita una verga che porterà con sé potrà maritare la fanciulla. Ecco allora che i pretendenti portano le verghe al sacerdote, e dopo si inginocchiano davanti all'altare per pregare in attesa del miracolo. Tra di essi, ultimo nella fila, c'è anche l'anziano Giuseppe, l'unico con l'aureola. Dio sceglierà proprio lui per la sua avanzata età e la sua santità, in modo da mantenere la castità della sposa.

Stile

(Stile)

(Style)

  La scena ha un'atmosfera di attesa e tensione emotiva, i colori sono chiari, intrisi di luce, la plasticità delle figure è accentuata dal chiaroscuro e dal disegno robusto.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Lo Sposalizio della Vergine è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Maria situate nel registro più alto della parete sinistra, guardando verso l'altare.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  La dedica della cappella alla Vergine della Carità spiega la presenza del ciclo di storie mariane che, sommate a quelle dei genitori Gioacchino e Anna, costituiscono la più estesa rappresentazione fino ad allora dipinta in Italia. Le Storie di Maria, dalla nascita allo sposalizio, si ispirano alla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, che in questo caso diffuse un episodio contenuto nel Libro di Giovanni, uno dei Vangeli apocrifi.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Le tre scene della Consegna delle verghe, della Preghiera per la fioritura delle verghe e dello Sposalizio della Vergine sono ambientate davanti al medesimo nicchione cassettonato sopra un altare, che simboleggia, con l'architettura che lo contiene, la navata di una chiesa. Sebbene alcuni personaggi si trovino all'esterno, sullo sfondo del cielo, secondo le convenzioni dell'arte medievale le scene sono da intendersi come avvenute "dentro" l'edificio, in questo caso una basilica.

Dio ha scelto come sposo di Maria l'anziano e pio Giuseppe, facendo miracolosamente fiorire una verga da lui portata al Tempio di Gerusalemme (l'evento miracoloso è sottolineato dalla comparsa della colomba dello Spirito Santo sul bastone), in modo da mantenere la castità della sposa. Il sacerdote sta celebrando il matrimonio tenendo le mani degli sposi mentre Giuseppe mette l'anello alla sposa; vicino a lui sta l'inserviente del Tempio vestito di verde. Maria è esile e slanciata, come nelle sculture gotiche coeve, ed ha una mano sul ventre che simboleggia la futura gravidanza. Dietro Maria sta un gruppo di tre donne, tra cui una incinta ripete il gesto di toccarsi il ventre, mentre dietro Giuseppe sta un uomo che ha la bocca aperta e solleva la mano, probabilmente un testimone che sta parlando, e più indietro stanno i giovani non scelti da Dio, in varie espressioni tra cui quella del ragazzo che spezza la sua verga col ginocchio, un episodio che non manca mai nell'iconografia del matrimonio della Vergine.

Stile

(Stile)

(Style)

  La gestualità è lenta e calcolata, i colori sono chiari, intrisi di luce, la plasticità delle figure è accentuata dal chiaroscuro e dal disegno robusto, con pieghe profonde nei mantelli ("a cannula"), esenti da schematismi.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Corteo nuziale di Maria è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie di Maria situate nel registro più alto della parete sinistra, guardando verso l'altare. La dedica della cappella alla Vergine della Carità spiega la presenza del ciclo di storie mariane che, sommate a quelle dei genitori Gioacchino e Anna, costituiscono la più estesa rappresentazione fino ad allora dipinta in Italia. Le Storie di Maria, dalla nascita allo sposalizio, si ispirano alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze e ad altre fonti più antiche come lo Pseudo-Matteo.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena del Corteo nuziale è molto rara e di difficile interpretazione. Probabilmente si rifà al Protovangelo di Giacomo in cui si narra come Maria e altre sette vergini nel recarsi presso il gran sacerdote (che doveva consegnare loro delle stoffe per addobbare il Tempio), accompagnate dai servi del Tempio, incontrino tre suonatori e si fermino ad ascoltarli. Altre interpretazioni pensano ai novelli sposi diretti verso casa (ma non c'è traccia di Giuseppe), altre a Maria che, con sette compagne, va a trovare i propri genitori in Galilea. Di difficile interpretazione simbolica è il ramo d'arbusto che esce da un balcone di un edificio.

Stile

(Stile)

(Style)

  I profili affilati ed eleganti delle figure femminili hanno fatto pensare alle coeve sculture del gotico francese.

La gestualità è lenta e calcolata, i colori sono chiari, intrisi di luce, la plasticità delle figure è accentuata dal chiaroscuro e dal disegno robusto, con pieghe profonde nei mantelli ("a cannula"), esenti da schematismi.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Annunciazione (divisa nei due scomparti dell'Angelo annunciante e della Vergine annunciata) è un doppio affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. Si trova sull'arco di trionfo presso l'altare, al di sotto della lunetta con Dio avvia la Riconciliazione inviando l'arcangelo Gabriele, che è la prima scena del programma teologico della Cappella.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La realizzazione terrena di quanto deciso da Dio nella lunetta soprastante, avviene in due finte architetture speculari che simulano altrettante stanze con balconcini aggettanti nella parte superiore. La prospettiva delle architetture tende verso l'esterno e converge, idealmente, al centro della cappella: sicuramente venne eseguita in maniera intuitiva usando un medesimo cartone (un "patrono") ribaltato. L'architettura è al contempo elegante e sobria, con un'attenta cura dei dettagli: i cassettoni, gli archetti trilobati, le cornici colorate, le mensole ornate. Alcune discordanze, anche rispetto alla scena soprastante, sono probabilmente dovute al ripensamento dell'architettura nella zona absidale, legata alle proteste degli eremitani nel 1305: si pensa allora che proprio in quell'anno o nel successivo si stesse mettendo mano agli affreschi dell'arcone. La cromia calda e densa è infatti la più matura del ciclo e preannuncia già gli affreschi della Cappella della Maddalena nella basilica inferiore di Assisi.

L'angelo (a sinistra) e Maria (a destra) sono entrambi inginocchiati e, nonostante la distanza fisica, sembrano rivolgersi un intenso sguardo; c'è anche chi ha ipotizzato che le due architetture siano convenzionalmente da intendersi l'una di fronte all'altra

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  Lo sfondo scuro delle stanze, illuminato dalla luce rossa dell'amore divino, fa imporre l'Annunciazione immediatamente allo spettatore che entra nella cappella: l'antica titolazione dell'edificio sacro era infatti all'Annunziata. I gesti sono lenti e calibrati, di una lentezza solenne. La figura di Maria, che nelle scene precedenti era una fanciulla esile e timorosa, qui è trattata come personalità forte e drammatica, di notevole potenza espressiva, come avverrà poi negli episodi seguenti. Le sue braccia incrociate sono in un suggestivo scorcio

Il problema dell'aureola

(Il problema dell'aureola)

(The halo problem)

  La piena padronanza del profilo, recuperato dall'arte antica e dall'osservazione quotidiana, fece sorgere in Giotto anche il dubbio su come rappresentare le aureole, come si evince bene in questa scena. Dovevano infatti essere considerate dischetti dorati apposti sul retro del capo o auree luminose sferiche? Nell'annunciazione, a differenza di scene più tarde, optò per la prima ipotesi, comprimendo le auree in forme ovali, se necessario all'occhio, rappresentando quindi i primi scorci del genere, ben prima delle sperimentazioni prospettiche di Piero della Francesca.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Visitazione è un affresco (150x140 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È idealmente la cerniera tra le Storie di Maria e quelle di Cristo, posta all'inizio di queste ultime nel registro centrale superiore sulla parete dell'arcone.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  L'incontro tra Maria ed Elisabetta avviene al di fuori di un edificio con un portichetto retto da eleganti e sottili colonne in marmo screziato, con un fregio di girali all'antica e mensolette dello stesso materiale. Elisabetta, rappresentata più anziana, si piega verso Maria abbracciandola e rendendole omaggio. Due donne sono dietro Maria, elegantemente longilinee, una delle quali tiene un telo che le ricade dalla spalla, forse un'allusione ai nascituri che andranno fasciati. La donna dietro Elisabetta invece, che indossa una cuffia, poggia una mano sul grembo, gesto tipico delle donne incinte, a simboleggiare lo stato delle due protagoniste.

Stile

(Stile)

(Style)

  I profili affilati ed eleganti delle figure femminili hanno fatto pensare alle coeve sculture del gotico francese.

La gestualità è lenta e calcolata, i colori sono chiari, intrisi di luce, la plasticità delle figure è accentuata dal chiaroscuro e dal disegno robusto, con pieghe profonde nei mantelli ("a cannula"), esenti da schematismi.

La scena risale al termine del ciclo, come il Tradimento di Giuda sul lato opposto, quando venne ridimensionata la parete per modifiche strutturali alla zona absidale.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Tradimento di Giuda è un affresco (150x140 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù e si trova del registro centrale superiore dell'arcone prima dell'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  A lato del Tempio di Gerusalemme, simboleggiato da un protiro retto da colonnine marmoree, i sommi sacerdoti, dopo aver assistito perplessi alla Cacciata dei mercanti dal Tempio da parte di Gesù, prendono accordi con Giuda Iscariota per essere aiutati a catturare il Cristo. L'apostolo traditore, ormai posseduto dal diavolo che lo bracca per le spalle, accetta il pagamento, raccogliendo il sacco coi soldi (Luca, 22, 3).

Stile

(Stile)

(Style)

  Fortemente individuata è la fisionomia di Giuda, con lo sguardo attento e il profilo aguzzo, dotato di baffi e barbetta. Il mantello giallo faciliterà la sua individuazione nelle scene successive, come quella del Bacio di Giuda. Sebbene già posseduto dal demonio Giuda era raffigurato ancora con l'aureola: se ne vedono tracce nell'intonaco sciupato per l'umidità.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Natività di Gesù è un affresco (200×185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Fonti

(Fonti)

(Sources)

  Come fonti delle scene cristologiche Giotto usò i Vangeli, il Protovangelo di Giacomo e la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  Un paesaggio roccioso fa da sfondo alla scena della Natività, tutta incentrata in primo piano. Maria è infatti distesa su un declivio roccioso, coperto da una struttura lignea, ed ha appena partorito Gesù, mettendolo, già fasciato, nella mangiatoia; l'aiuta un'inserviente, davanti alla quale spuntano il bue e l'asinello. Giuseppe sta accovacciato in basso dormiente, come tipico dell'iconografia tesa a sottolineare il suo ruolo non attivo nella procreazione; la sua espressione è incantata e sognante. Il manto di Maria, un tempo azzurro lapislazzuli steso a secco, è andato oggi in larga parte perduto, scoprendo la stesura sottostante della veste rossa. A destra si svolge l'annuncio ai pastori, in questo caso solo due, raffigurati di spalle vicini al loro gregge, mentre dall'alto un angelo li istruisce sull'evento miracoloso. Altri quattro angeli volano sopra la capanna e rivolgono gesti di preghiera al fanciullo appena nato e a Dio nei cieli.

Stile

(Stile)

(Style)

  Originale è il taglio prospettico dell'architettura, capace di rinnovare la statica tradizione bizantina dell'iconografia. Solide sono le figure, soprattutto quella della Madonna e quella di Giuseppe, che fanno pensare a modelli scultorei di Giovanni Pisano. La tensione della Madonna nell'azione e l'attenzione che essa rivolge al figlio sono brani di grande poesia, che sciolgono in un'atmosfera umana e affettuosa il racconto sacro. L'inserimento delle figure nello spazio è efficacemente risolta e gli atteggiamenti sono spontanei e sciolti, anche negli animali.

Delicate sono le tonalità dei colori, che spiccano sull'azzurro del cielo (in questo caso danneggiato) armonizzandosi con le altre scene della cappella.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Adorazione dei Magi è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Fonti

(Fonti)

(Sources)

  Come fonti delle scene cristologiche Giotto usò i Vangeli, lo Pseudo-Matteo, il Protovangelo di Giacomo e la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  La scena si svolge sotto un'impalcatura lignea simile a quella Natività su uno sfondo roccioso. Maria, vestita di una veste rosso intenso con bordature d'oro e da un manto blu oltremare (quasi completamente perduto), offre il Figlio in fasce e coperto da una mantellina verde pastello all'adorazione dei Re Magi, accorsi seguendo la stella cometa[1] che si vede in alto. Ciascuno ha i calzari rossi, simbolo di regalità. Il primo re, quello anziano, è già inginocchiato ed ha deposto la sua corona in terra, mentre il suo regalo è probabilmente il reliquiario d'oro tenuto dall'angelo a destra. Il secondo re, di età matura, porta un corno colmo di incenso, mentre quello più giovane una coppa di cui solleva il coperchio per mostrare l'unguento di mirra. I tre doni simboleggiano rispettivamente la regalità del nascituro, la sua santità e il presagio della sua morte (la mirra si usava infatti per profumare i cadaveri). Dietro i Magi stanno due alti cammelli, gustoso dettaglio esotico nuovo nell'iconografia, bordati di finiture rosse, raffigurati con spiccato naturalismo e tenuti da due inservienti di cui solo quello in primo piano è visibile.

Dietro Maria assiste san Giuseppe e i due angeli, di cui uno, con estremo naturalismo, si trova in corrispondenza della trave della capanna ed ha quindi il viso coperto. Un muto dialogo si svolge tra i volti dei presenti, che intrecciano gli sguardi con grande naturalezza, evitando qualsiasi fissità di matrice bizantina

Dettagli

(Dettagli)

(Details)

  Alcuni dettagli sono legati alla quotidianità del Trecento, come la struttura "moderna" della capanna o la foggia degli abiti, come quello dell'angelo che ha la manica stretta ai polsi e larga ai gomiti.

La cometa che si vede sul dipinto è forse stata ispirata dalla Cometa di Halley, di cui il pittore poteva essere stato testimone nel 1301.

Stile

(Stile)

(Style)

  Delicate sono le tonalità dei colori, che spiccano sull'azzurro del cielo (in questo caso un po' danneggiato), armonizzandosi con le altre scene della cappella.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Presentazione di Gesù al Tempio è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  Il Tempio di Gerusalemme è evocato dal ciborio con colonnine tortili che compare anche nelle scene della Cacciata di Gioacchino e della Presentazione di Maria al Tempio. Secondo la tradizione ebraica dopo la nascita di un figlio le donne dovevano presentarsi al tempio per fare dei bagni rituali di purificazione. In ambito cristiano la scena è vista come una sorta di rito di accettazione del bambino nella comunità, spesso associato al rito della circoncisione, che era accompagnato dall'offerta di due colombe, come infatti porta Giuseppe in un cesto. Gesù è affidato a Simeone, il sacerdote con l'aureola, figura di forte intensità espressiva. Una donna si trova vicino Giuseppe, semplice spettatrice, mentre dall'altro lato fa la sua comparsa la Profetessa Anna, con tanto di cartiglio, che è scossa dalla sua profezia che riconosce il Bambino nel "redentore di Gerusalemme". Un angelo, impugnante una verga dorata col trifoglio in cima, simbolo della Trinità, compare poi in cielo a testimoniare la sovrannaturalità dell'evento

Stile

(Stile)

(Style)

  Delicate sono le tonalità dei colori, che spiccano sull'azzurro del cielo (in questo caso un po' danneggiato), armonizzandosi con le altre scene della cappella.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Fuga in Egitto è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Un angelo appare in cielo e con gesto eloquente invita la Sacra Famiglia alla fuga, per scampare alla futura strage degli innocenti. La scena mostra Maria al centro seduta su un asino e reggente il figlio in grembo grazie a una sciarpa rigata annodata al collo. Indossa la veste rossa e un manto che, originariamente, era blu oltremare, di cui restano solo poche tracce. Un inserviente, munito di borraccia alla cintura, guida l'animale conversando amorevolmente con Giuseppe, che regge un cesto o una sorta di fiasco e porta un bastone in spalla. Chiudono il corteo tre aiutanti di Maria, che conversano con naturalezza tra di loro

Stile

(Stile)

(Style)

  La scena è racchiusa da una piramide evidenziata dallo sperone roccioso sullo sfondo, punteggiato qua e là da alberelli che simboleggiano le "lande desolate e aride" di cui parlano i testi apocrifi.

Delicate sono le tonalità dei colori, che spiccano sull'azzurro del cielo (in questo caso danneggiato), armonizzandosi con le altre scene della cappella. Le figure appaiono come scolpite per blocchi di colore dai contorni taglienti.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Strage degli innocenti è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena, di crudo realismo, è una delle più drammatiche del ciclo, anche se nel 1951 Pietro Toesca ne rilevò una certa artificiosità e qualche difetto nel movimento dei personaggi ipotizzando la presenza di interventi di collaboratori, ipotesi poi ridimensionata dalla critica successiva.

Come in altre scene del ciclo l'architettura dello sfondo aiuta a definire i gruppi di figure e, in generale, facilitare la lettura della scena. In alto a sinistra, da un balcone coperto, Erode impartisce il comando di uccidere tutti i fanciulli nati negli ultimi mesi, stendendo eloquentemente il braccio. Destinatarie del provvedimento sono le madri disperate, (importante il dettaglio delle lacrime) raggruppate dietro un edificio a pianta centrale (ispirato al Battistero di Firenze o forse all'abside della chiesa di San Francesco a Bologna), che si vedono strappare i figli dal gruppo dei carnefici, in particolare i due al centro, armati e in pose dinamicamente drammatiche e trattati con colori cupi. In basso stanno già i corpi ammassati di numerosi fanciulli, che sembrano quasi travalicare la cornice dell'affresco per franare oltre. A sinistra infine alcuni spettatori mostrano tutto il loro turbamento abbassando la testa e facendo espressioni di rassegnata contrarietà.

Stile

(Stile)

(Style)

  I bambini sono più grandi del normale, probabilmente per farne protagonisti della scena. Le madri hanno espressioni profondamente angosciate, con la bocca dischiusa in un lamento comune e le guance rigate dalle lacrime, come riemerso con l'ultimo restauro.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Battesimo di Cristo è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  La scena, in condizioni di conservazione mediocri, è ambientata all'interno del Tempio di Gerusalemme dove Gesù dodicenne viene smarrito dai genitori, che lo ritrovano a discutere di religione e filosofia coi dottori. Ambientato in un ambiente al chiuso, con navate coperte da volte a crociera, nicchie, soffitto a cassettoni e festoni vegetali, ha una prospettiva intuitiva sfasata verso destra, per assecondare lo sguardo dello spettatore. La scena si trova infatti nell'angolo della parete a sinistra, accanto al Giudizio universale della parete di fondo.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Su un sedile il giovane Gesù, vestito di rosso, sta discutendo con dieci sapienti, raffigurati con la barba (come gli antichi filosofi) e avvolti in mantelli con cappucci. A sinistra Giuseppe e Maria accorrono. La Vergine distende le braccia dimostrando, con un gesto preso dalla quotidianità, la sua apprensione dovuta allo smarrimento del fanciullo. Anche Giuseppe solleva una mano, colto dallo stupore della situazione.

Stile

(Stile)

(Style)

  La spazialità dell'ambiente è ampia e monumentale, a differenza di quelle più contratte degli episodi precedenti.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Battesimo di Cristo è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Al centro della scena Gesù, immerso fino a metà del busto nel Giordano, riceve il battesimo da Giovanni Battista che si sporge in avanti da una rupe. Dietro di esso sta un santo anziano e un giovane senza aureola, in attesa di essere battezzati. Dall'altra parte quattro angeli tengono i vestiti di Cristo e stanno pronti a ricoprirlo facendosi leggermente avanti. In alto, in un'esplosione luminosa, Dio Padre, con un libro in braccio, si sporge a benedire Cristo con un efficace scorcio, il primo del genere.

Stile

(Stile)

(Style)

  Anche le rocce dello sfondo, divergenti a forma di "V" contribuiscono a rivolgere l'attenzione dello spettatore verso il fulcro centrale della scena.

Altissima è la qualità del volto di Cristo, così come quello del Battista e dei due discepoli dietro di lui. Resta un'evidente concessione alla tradizione iconografica medievale nell'irrazionale livello delle acque che copre Cristo ma lascia asciutti gli altri presenti, dovuta al metodo tradizionale di rappresentare la scena, in modo da non mostrare il Cristo completamente nudo

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Le Nozze di Cana è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  La scena è ambientata in una stanza, convenzionalmente aperta verso il cielo ma da intendersi al chiuso, descritta con attenzione ai dettagli: drappi rossi rigati coprono le pareti, un fregio corre in alto e in alto stanno grate lignee traforate e rette da mensole, sulle quali si trovano vasi ed elementi decorativi. Seguendo il Vangelo di Giovanni, Giotto mostra il momento in cui Gesù, seduto a sinistra insieme allo sposo e a un apostolo, benedice con un gesto l'acqua versata nelle grandi giare dall'altra parte della stanza trasformandola quindi in vino. Il grasso maestro di mensa assaggia con un bicchiere la bevanda e, stando al racconto evangelico, pronuncerebbe poi la frase "Tu hai conservato fino ad ora il vino buono!" indirizzata allo sposo (Gv 2, 7-11). Il lato del tavolo rivolto allo spettatore ha al centro la sposa, vestita con un abito rosso ricamato con finezza, seduta accanto alla Madonna, anch'essa benedicente, e a una ragazza con una corona di fiori in testa. Due inservienti stanno dall'altra parte del tavolo.

Stile

(Stile)

(Style)

  Elegantissima è la cromia pastello, che accentua col chiaroscuro i volumi plastici delle figure. Notevole cura è riposta nella descrizione degli oggetti, dalla tovaglia candida con orditi che creano fasce di diverso colore, alle giare finemente scanalate, fino alle suppellettili e alle pietanze sulla tavola. Il maestro di mensa e il ragazzo dietro di lui sono così ben caratterizzati da aver fatto ipotizzare che si tratti di ritratti di personaggi realmente esistiti.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Resurrezione di Lazzaro è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La composizione è tradizionale, riscontrabile in miniature già a partire dal VI secolo. Gesù a sinistra incede e leva il braccio per benedire Lazzaro, già fuoriuscito dalla tomba, che viene aiutato a sbendarsi dai discepoli; uno si copre il viso per evitare i cattivi odori mentre una donna solleva il velo in modo che scopra solo gli occhi. In basso due servitori appoggiano il coperchio marmoreo della tomba che Cristo ha chiesto di rimuovere. Alla vista del miracolo gli astanti sono colti dalla sorpresa, alzando le mani al cielo, mentre Marta e Maria si prostrano ai piedi di Gesù. La figura al centro, che solleva un braccio, è stata giudicata come una delle più sciolte e realistiche dipinte dall'artista nel ciclo (Gnudi); anche l'uomo dietro di lui, vestito di rosso e che solleva entrambe le mani, è vivo e credibile. Il cadavere è molto realistico, con le labbra e le palpebre semichiuse, e un'innaturale magrezza.

Stile

(Stile)

(Style)

  Anche in questo caso, come in altre scene, lo sfondo roccioso crea uno sfondo diversificato che aiuta a dividere i gruppi di personaggi e quindi a leggere la scena. Intense sono le espressioni dei personaggi, di grande vivacità. Il colore è più che mai luminoso e trasparente.

Giotto e la sua scuola affrescarono questo episodio anche nella Cappella della Maddalena nella basilica inferiore di Assisi, probabilmente qualche anno dopo l'impresa degli Scrovegni.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Ingresso a Gerusalemme è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Da sinistra Gesù avanza a cavallo di un asino verso le porte di Gerusalemme, seguito dagli Apostoli e facendosi incontro a una folla incuriosita: chi si prostra, chi accorre a vedere, chi è sorpreso, ecc. Sebbene la stesura denoti un'autografia non piena dell'episodio, la scena spicca come una delle più vivacemente naturali del ciclo, con una serie di episodi interni tratti dalla vita quotidiana, come quello dell'uomo che si copre la testa col mantello (un'azione goffa o un simbolo di chi non vuole accettare l'arrivo del Salvatore?) oppure i due fanciulli che salgono sugli alberi per staccare i rami d'ulivo da gettare al Salvatore e per vedere meglio, dettaglio derivato dalla tradizione bizantina, ma qui più realistico che mai, come già comparso nelle Storie di san Francesco ad Assisi, in particolare nella scena del Pianto delle clarisse.

La porta urbica è la stessa che si ritrova, ruotata, nella scena dell'Andata al Calvario.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Cacciata dei mercanti dal Tempio è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie di Gesù del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Davanti al Tempio di Gerusalemme Gesù si scaglia contro i mercanti che infestano il luogo sacro, tra lo stupore degli stessi apostoli, tra cui Pietro che leva le braccia e si guarda smarrito. Gesù, col volto fisso che esprime la sua determinazione, alza il pugno impugnando una corda con cui scaccia due mercanti, le cui gabbie di animali stanno a terra assieme a un tavolo ribaltato; un caprone fugge spaventato saltando via, mentre, poco dietro, due sacerdoti si rivolgono un sguardo perplesso. A sinistra se ne vanno altri animali oltre il bordo della scena, mentre due bambini si rifugiano tra le vesti degli apostoli, con espressioni particolarmente naturali, sia quello sotto Pietro che quello vestito di rosso che si stringe all'apostolo in primo piano, che si curva per proteggerlo. Il motivo della gabbia dovette piacere, infatti si decise a affresco completato di aggiungerne una seconda in mano all'uomo al centro della scena, oggi parzialmente scomparsa.

Stile

(Stile)

(Style)

  L'architettura del tempio mostra un loggiato a tre arcate sormontate da cuspidi triangolari con medaglioni a forma di fiore; statue di leoni e cavalli sormontano i pilastri e colonnine in marmo screziato decorano il passaggio coperto; un pulpito sporge a destra e in alto si intravedono delle cupolette. Forse fece da modello ispiratore la facciata provvisoria del Duomo di Siena, all'epoca ferma al registro inferiore , opera di Giovanni Pisano, oppure la basilica di San Marco a Venezia.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Ultima Cena è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena illustra un passo del Vangelo di Giovanni (13, 21-26): «Gesù si commosse profondamente e disse: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà". I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: "Dì, chi è colui a cui si riferisce?". Ed egli, reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse. "Signore, chi è?". Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò"». Si tratta del momento seguito dall'iconografia bizantina, mentre la tradizione romana preferiva rappresentare quello dello spezzare il pane da parte di Gesù.

Ambientazione

(Ambientazione)

(Setting)

  Ambientata in una stanza senza due pareti per permettere la visione dell'interno, Giotto dipinge il volto dubbioso degli apostoli che si interrogano su chi sia il traditore del Cristo. Efficace è la disposizione degli apostoli attorno al tavolo, senza accavallamenti, grazie all'uso di un punto di vista di lato e leggermente rialzato. L'apostolo Giuda è seduto vicino a Gesù, indossa un mantello giallo e intinge la mano nello stesso piatto di Cristo. Giovanni invece, come tipico dell'iconografia, sta addormentato appoggiandosi a Cristo

Stile

(Stile)

(Style)

  L'annerimento delle aureole è casuale e non voluto dall'autore, poiché causato in seguito per ragioni chimiche. Originariamente presentavano una differenziazione gerarchica: a rilievo, dorata con oro fino e con la croce accennata in rosso quella di Cristo, di colore imitante l'oro e con raggi quelle degli apostoli, senza raggi quella di Giuda. Negli apostoli di spalle, le aureole sembrano fluttuare davanti alle loro facce.

Dettagli

(Dettagli)

(Details)

  Curatissimi sono i dettagli, dal manto con ricami dorati dell'apostolo al centro di spalle, ai mosaici cosmateschi che ornano il coronamento della stanza, sul cui tetto stanno due uccelli: sono statue, come dimostra la loro presenza, in posizione identica, nella scena successiva, la Lavanda dei piedi. La parete interna un tempo era decorata da motivi a secco oggi perduti. Le vesti degli apostoli creano un colorato insieme di tinte pastello (i colori sono i medesimi per ciascuno nelle altre scene, in modo da rendergli riconoscibili a colpo d'occhio), con un uso della luce che amplifica il senso di plasticità e aiuta a comprendere la scansione spaziale dell'ambiente (ad esempio lasciando in ombra la zona sotto la panca).

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Lavanda dei piedi è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compresa nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete destra guardando verso l'altare

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Nella stessa stanza della scena precedente, l'Ultima Cena, Gesù si appresta a compiere un atto di umiltà lavando i piedi degli apostoli, iniziando da Pietro. Un altro apostolo sta slacciandosi i calzari in primo piano a sinistra, mentre Giovanni sta in piedi dietro Gesù reggendo un contenitore con l'acqua. L'annerimento delle aureole è casuale e non voluto dall'autore, poiché causato in seguito per ragioni chimiche. Originariamente presentavano una differenziazione gerarchica: a rilievo, dorata con oro fino e con la croce accennata in rosso quella di Cristo, di colore imitante l'oro e con raggi quelle degli apostoli, senza raggi quella di Giuda, che si intravede col mento appuntito e la barbetta tra gli apostoli seduti a sinistra

Dettagli

(Dettagli)

(Details)

  Curatissimi sono i dettagli, dal manto con ricami dorati dell'apostolo al centro, ai mosaici cosmateschi che ornano il coronamento della stanza, sul cui tetto stanno due uccelli: sono statue, come dimostra la loro presenza, in posizione identica, nella scena precedente dell'Ultima Cena. A differenza della scena precedente, qui si sono in parte conservati i decori a secco delle pareti. Le vesti degli apostoli creano un colorato insieme di tinte pastello (i colori sono i medesimi per ciascuno nelle altre scene, in modo da renderli riconoscibili a colpo d'occhio), con un uso della luce che amplifica il senso di plasticità e aiuta a comprendere la scansione spaziale dell'ambiente (ad esempio lasciando in ombra la zona sotto il soffitto).

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Bacio di Giuda (o Cattura di Cristo) è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena, una delle più note dell'intero ciclo, è ambientata all'aperto. Nonostante la cospicua partecipazione di personaggi, il nucleo centrale è perfettamente individuabile grazie all'uso delle linee di forza (come la linea dei tre bracci che attraversa la scena orizzontalmente, convergente al centro dove Caifa indica) e dell'ampia campitura di colore giallo della veste di Giuda, che si sporge in avanti, al centro, per baciare Gesù in modo da permettere alle guardie di riconoscerlo e catturarlo. Il volto di Giuda, giovane e pacato nelle scene precedenti, è qui ormai trasfigurato in una maschera bestiale, ed ha perso definitivamente l'aureola. All'immoto e intenso contatto visivo tra Gesù e il suo traditore si contrappone l'agitazione delle turbe di armati tutto intorno, generando un effetto di violenta drammaticità. Solo osservando un secondo momento ci si accorge delle altre scene di corredo, come quella di Pietro che taglia l'orecchio a Malco, un servitore del Sommo Sacerdote, con un coltello, afferrato per il mantello da un uomo curvo e di spalle, col capo coperto da un mantello grigio. Ben orchestrati sono i gruppi di armigeri, composti affastellando le teste (un tempo con colori metallici negli elmi, oggi anneriti) e soprattutto intuibili dal numero di lance, alabarde, bastoni e fiaccole che si levano in aria. Un po' più scandite sono le figure del gruppo di destra, tra cui si vede un uomo che suona il corno.

Stile

(Stile)

(Style)

  Sebbene l'iconografia risulti tradizionale, in questa scena Giotto ne rinnovò profondamente il contenuto, immettendovi una straordinaria tensione psicologica e drammatica

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Cristo davanti a Caifa è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Dopo essere stato arrestato, Gesù viene portato dai sommi sacerdoti, Anna e poi Caifa. La scena mostra Gesù in casa di Caifa davanti ai due uomini seduti in uno scranno. Caifa, con il gesto raffigurato anche nell'allegoria dell'Ira, si strappa la veste dal petto perché vorrebbe condannare Gesù a morte ma non può farlo poiché non ne ha l'autorità. Tra gli armigeri uno leva una mano per colpire Gesù, legato e strattonato al centro, poiché proprio in casa di Caifa ebbe inizio la persecuzione di Cristo che nell'iconografia viene di solito indicata come la scena del Cristo deriso

Stile

(Stile)

(Style)

  Sperimentale è l'uso della luce: poiché si tratta di una scena notturna è presente una fiaccola nella stanza, oggi diventata scura per le alterazioni cromatiche, che illumina dal basso le travi del soffitto rischiarando quelle al centro e lasciando in ombra quelle agli angoli. Intensa è l'inventiva di Giotto rispetto all'iconografia tradizionale, che accentua la drammaticità degli avvenimenti, ma colpisce anche l'efficacia della costruzione prospettica dell'architettura, soprattutto nel soffitto.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Cristo deriso è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete destra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  Dopo essere stato arrestato e giudicato, Gesù è incoronato di spine, deriso e flagellato dagli sgherri dei sommi sacerdoti. La scena, ambientata in una stanza in prospettiva intuitiva, mostra Cristo seduto a sinistra che sopporta, con sofferenza ma anche rassegnazione, le offese che gli vengono fatte, tirandogli i capelli e la barba, colpendolo con le mani e con bastoni, deridendolo. Nonostante questo Cristo è raffigurato in tutta la sua regalità, coperto da un mantello ricamato d'oro.

A destra compare Pilato che indica la scena conversando coi sacerdoti. Particolarmente riuscita è la figura del moro, di notevole realismo, che Roberto Salvini paragonò addirittura alla serva nell'Olympia di Manet.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Andata al Calvario è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare

Descrizione e stile

(Descrizione e stile)

(Description and style)

  La scena, in cattivo stato di conservazione, mostra Gesù che, reggendo la croce in spalla, esce dalla porta di Gerusalemme spintonato da armigeri che stanno davanti ai sommi sacerdoti Anna e Caifa. Più indietro viene la Madonna che geme drammaticamente, forse la figura più riuscita dell'intera scena.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Crocifissione è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena è legata, più che in altri episodi, all'iconografia tradizionale. Sullo sfondo del cielo blu oltremare spicca al centro la croce di Gesù, in un turbinio di angeli addolorati che accorrono, si stracciano le vesti, raccolgono il sangue di Cristo dalle ferite. In basso c'è la Maddalena che bacia i piedi di Cristo, a sinistra possiamo notare un gruppo di donne che sostengono Maria svenente e a destra quello dei soldati che si litigano la veste di Cristo. Ai piedi del Calvario si trova una cavità con delle ossa e un teschio, tradizionalmente quello di Adamo che, bagnato dal sangue di Cristo, è redento dal Peccato originale, Il dipinto si trova nella cappella degli Scrovegni.

Stile

(Stile)

(Style)

  La stesura è di qualità altissima, con una minuziosa cura del dettaglio che sfocia a tratti nel virtuosismo, come nel perizoma semitrasparente di Cristo.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Compianto sul Cristo morto è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare. La scena, la più drammatica dell'intero ciclo e una delle più celebri, mostra una spiccata conoscenza delle regole della pittura fin dalla composizione. Gesù è adagiato in basso a sinistra, stretto dalla Vergine che, in maniera toccante, avvicina il proprio viso a quello del figlio. Tutta una serie di linee di sguardi e di forza dirige immediatamente l'attenzione dello spettatore su questo angolo, a partire dall'andamento della roccia dello sfondo che digrada verso il basso. Le pie donne reggono le mani di Cristo e la Maddalena gemente ne raccoglie i piedi. Sciolta e naturalistica è la posa di san Giovanni, che si piega distendendo le braccia indietro, derivata forse dal Sarcofago di Meleagro che era a Padova. Dietro a destra stanno le figure di Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, mentre a sinistra, in basso, una figura seduta di spalle crea una massa scultorea. A sinistra accorrono altre donne in lacrime, dalle pose studiate e drammatiche. In alto gli angeli accorrono con altre pose di disperazione, scorciati con grande varietà di pose, partecipando a una sorta di drammaticità cosmica che investe anche la natura: l'alberello in alto a destra è infatti secco. Ma proprio come la natura sembra morire d'inverno ed in primavera risorgere, Cristo sembra morto e dopo tre giorni risorgerà. Dall'albero scheletrico in alto a destra il taglio in diagonale del nudo profilo roccioso scende accompagnando il ritmo in caduta delle figure verso il centro emotivo della scena rappresentato dall'abbraccio della madre al figlio morto.

Stile

(Stile)

(Style)

  Espediente inedito sono i due personaggi di spalle in primo piano, raffigurati come grosse masse a dimostrazione che Giotto ha saputo conquistare uno spazio reale in cui tutte le figure si dispongono liberamente in ogni direttrice spaziale.

Citazione (Giulio Carlo Argan)

(Citazione (Giulio Carlo Argan))

(Quote (Giulio Carlo Argan))

  «Il vertice del pathos è nelle teste accostate della Madonna e di Cristo: ed è posto in basso, ad un estremo, in modo che su di esso gravitino, con progressivo declinare, le masse delle figure a destra e, con improvviso appiombo, quelle di sinistra. Il declivio roccioso accompagna la cadenza del primo gruppo e accentua la verticalità del secondo. È un ritmo asimmetrico, un incalzare di note gravi a cui succede, nel punto di massima intensità patetica, un repentino irrompere di acuti. L'azzurro denso del cielo, solcato da angeli piangenti, grava sulle masse e preclude, oltre il monte, ogni espansione di spazio. Questo ritmo di masse cadenti si traduce però in un ritmo di ascesa per la qualità dei colori e dei loro accordi. Il manto della donna accoccolata a sinistra, in primo piano, è di un giallo chiaro e luminoso, trasparente; e di qui parte una progressione di toni salienti, che il dorso illuminato della roccia collega, oltre la pausa del cielo, con le vivaci note coloristiche degli angeli. Al centro, il gesto delle braccia di San Giovanni, collegandosi all'obliqua della roccia, salda i due grandi temi del dolore in terra e del dolore in cielo. Indubbiamente c'è un motivo storico-drammatico: il lamento della Madonna, delle pie donne, di San Giovanni sul Cristo morto. Ma ad un livello più profondo, il duplice senso di caduta e di ascesa del ritmo esprime, in valori puramente visivi, un più vasto concetto: il dolore che tocca il fondo della disperazione umana si eleva nella moralità più alta della rassegnazione e della speranza.»
(Giulio Carlo Argan, Storia dell'arte italiana)

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Resurrezione e Noli me tangere è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena mostra un doppio episodio: a sinistra il sepolcro vuoto di Cristo con gli angeli seduti e le guardie addormentate testimonia la Resurrezione; a destra la Maddalena inginocchiata davanti all'apparizione di Cristo trionfante sulla morte, con tanto di vessillo crociato, e il gesto del Salvatore che le dice di non toccarlo pronunciando, nelle versioni latine dei vangeli, la frase Noli me tangere. Sul vessillo si legge l'iscrizione "VI[N]CI/TOR MOR/TIS".

Le rocce dello sfondo declinano verso sinistra, dove avviene il nucleo centrale dell'episodio. Gli alberi, a differenza di quelli nel precedente Compianto, sono secchi a sinistra (idealmente "prima" della resurrezione) mentre a destra tornati rigogliosi; gli alberi di sinistra sono comunque danneggiati dal tempo e poco leggibili. L'episodio si caratterizza per un'atmosfera rarefatta e sospesa, di "metafisica astrazione" in cui è vista un'anticipazione di Piero della Francesca

Stile

(Stile)

(Style)

  Secondo alcuni studiosi, come il giapponese Hidemichi Tanaka, l'orlo delle balze che ornano le vesti dei soldati romani, è costituito dalla scrittura p'ags-pa, antica scrittura inventata per rendere più facilmente leggibile il mongolo e poi caduta in disuso.[1]

Giotto e i suoi allievi rappresentarono la scena del Noli me tangere anche nella Cappella della Maddalena nella basilica inferiore di Assisi, con un'analoga rappresentazione del sepolcro vuoto, mentre al giovane Giotto è attribuita una Resurrezione nella basilica superiore; in quest'ultima scena si nota una straordinaria cura dei dettagli nella decorazione delle armature dei soldati che è presente anche nella scena padovana, così come un certo virtuosismo nel rappresentare in scorcio i corpi dei dormienti.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  L'Ascensione è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È compreso nelle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione e stile

(Descrizione e stile)

(Description and style)

  La scena mostra la salita di Gesù in cielo levandosi con slancio al centro del riquadro e protendendosi verso l'alto sospinto da una nuvola, con le mani levate già oltre la cornice del dipinto. Due angeli stanno sotto di lui a istruire gli astanti, ovvero gli apostoli e Maria, il cui volto appare di notevole qualità, da alcuni giudicato come l'unica parte autografa dell'affresco realizzato in larga parte da maestranze di bottega. Ai lati di Cristo completano la scena due cerchie angeliche e di santi simmetriche, tutti con le mani levate, che fanno eco al gesto ascendente di Cristo. Curatissimi sono i dettagli, soprattutto le applicazioni dorate nelle vesti degli apostoli, degli angeli e di Gesù stesso.

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  La Pentecoste è un affresco (200x185 cm) di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. È l'ultima delle Storie della Passione di Gesù del registro centrale inferiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

Descrizione

(Descrizione)

(Description)

  La scena è ambientata in una stanza descritta come una loggia traforata da archi a sesto acuto trilobati. All'interno su panche di legno stanno seduti dodici apostoli (dopo la morte di Giuda Iscariota suicidatosi, viene eletto in sua sostituzione l'apostolo Mattia, non è raffigurato Gesù perché dopo la risurrezione e prima della Pentecoste è asceso al cielo). L'edificio è posto in scorcio verso sinistra, per assecondare la visione da parte dello spettatore idealmente al centro della cappella, un accorgimento usato anche in altre scene d'angolo. La luce divina, rossa come le fiamme della Carità, si sprigiona dal soffitto e investe i convenuti.

Stile

(Stile)

(Style)

  Ritenuta soprattutto opera di aiuti, la scena mostra tonalità delicate e una cura del dettaglio soprattutto nelle vesti e nei volti dei partecipanti.

Forse il giovane Giotto aveva già dipinto una Pentecoste, sulla controfacciata della basilica superiore di Assisi e un'altra Pentecoste alla National Gallery di Londra fa parte delle Sette tavolette con storie di Gesù, databili al 1320-1325 circa

Introduzione

(Introduzione)

(Introduction)

  Il Giudizio universale è un affresco di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova. Occupa l'intera controfacciata e conclude idealmente le Storie. Viene di solito riferito all'ultima fase della decorazione della cappella e vi è stato riscontrato un ampio ricorso di aiuti, sebbene il disegno generale sia riferito concordemente al maestro.

Impaginazione

(Impaginazione)

(Layout)

  La grande parete sopra la porta di ingresso, in cui si apre una trifora, contiene un'ampia rappresentazione del Giudizio universale svolto in maniera tradizionale, anche se non mancano innovazioni. Infatti, nonostante il permanere di stilizzazioni tradizionali come le diverse scale proporzionali, Giotto cercò di unificare in un'unica scena l'intera rappresentazione del Giudizio, del Paradiso e dell'Inferno, abolendo le suddivisioni e coinvolgendo tutte le figure in un unico spazio.

Cristo: introduzione

(Cristo: introduzione)

(Christ: introduction)

  Al centro campeggia, dentro una mandorla iridata retta da angeli, un grande Cristo giudice che domina un unico grande scenario, non più diviso rigidamente in fasce parallele come nei lavori bizantini. Nell'aureola di Cristo sono stati scoperti nell'ultimo restauro inserti con specchietti, che vanno messi in relazione con la figura dell'Eterno sul lato opposto della cappella, dove c'è la scena di Dio invia l'arcangelo Gabriele. Cristo non siede su un vero e proprio trono, ma su una sorta di nube iridata, sotto la quale si trovano alcune rappresentazioni simboliche, già interpretate come i simboli degli evangelisti. Uno studio più recente vi ha invece riconosciuto qualcosa di più complesso: vi si vedono un angelo, un uomo con testa leonina, un centauro, simbolo secondo i bestiari medievali della doppia natura di Cristo, umana e divina, e un orso con un pesce (forse un luccio), simbolo della pesca delle anime oppure, al contrario, del sacrificio di Cristo (il pesce) per redimere la bestialità della razza umana.

Cristo: descrizione

(Cristo: descrizione)

(Christ: description)

  Gesù rappresenta il fulcro dell'intera scena, che genera l'inferno con la sinistra dell'aura e rivolge lo sguardo e la mano destra agli eletti. Verso di lui (o contro di lui nel caso dei dannati) tendono a orientarsi tutti i nuclei delle figure. Tutto di lui è aperto verso gli eletti, alla sua destra: lo sguardo, la piaga, il costato, mentre la sinistra è chiusa sui reprobi dell'inferno. Intorno alla mandorla stanno i serafini. In trono, a semicerchio intorno a Gesù ci sono i dodici apostoli. Alla destra di Cristo: Pietro, Giacomo, Giovanni, Filippo, Simone e Tommaso. Alla sua sinistra: Matteo, Andrea, Bartolomeo, Giacomo minore, Giuda Taddeo e Mattia. La trifora non è solo apertura luminosa (Cristo è luce) ma soprattutto è trono da quale Dio uno trino scende e giudica. I due fiorellini, posti nella trifora, di sei petali ciascuno, corrispondono numerologicamente ai due gruppi di sei apostoli scesi con Lui.

Angeli

(Angeli)

(Angels)

  In alto si trovano nove affollate schiere angeliche, divise in due gruppi simmetrici e in file che scalano in profondità; la diversa inclinazione delle teste cerca di sfuggire all'appiattimento della visione frontale, mentre al centro si allineano su troni gli apostoli: lo scranno più riccamente decorato è quello di san Pietro. Alla sinistra: angeli, Arcangeli, Principati, Potestà. Alla destra: virtù, dominazioni, troni, cherubini, ciascuno guidato dai vessilliferi. Michele e Gabriele più vicini a Cristo-Giudice reggono la spada ed il vessillo bianco-crociato dei Cavalieri del Santo Sepolcro.

Ai lati della mandorla angeli suonano le trombe dell'Apocalisse risvegliando i morti, che si levano dai crepacci della terra in basso a sinistra. Poco oltre si trova la rappresentazione di Enrico degli Scrovegni e di un altro personaggio (forse il canonico e arciprete del Duomo di Padova Altegrado de' Cattanei) che offrono un modello della cappella a Maria accompagnata da san Giovanni e santa Caterina d'Alessandria. Maria è mediatrice tra la fragilità umana e la misericordiosa giustizia divina. La forma dell'edificio è fedele a quella esistente, anche se l'abside mostra un ampio giro di cappelle mai realizzato. Secondo la tradizione, con tale offerta Enrico lava il peccato di usura della sua famiglia, così noto che anche Dante Alighieri aveva indicato suo padre tra i peccatori nel girone degli usurai dell'Inferno. La fisionomia di Enrico è giovanile e riproduce fedelmente le fattezze che, invecchiate, si vedono anche nella sua tomba marmorea presente nella cappella: per questo la rappresentazione di Giotto viene indicata come il primo ritratto dell'arte occidentale post-classico.

Un raggio di luce ogni 25 marzo (anniversario della consacrazione della cappella) passa tra la mano di Enrico e quella della Madonna.

Nella parte più alta dell'affresco si trovano gli astri del sole e della luna, mossi da due arcangeli che, curiosamente, si affacciano da nubi "staccando" e arrotolando il cielo come se fosse una pesante carta da parati. Essi rivelano alle loro spalle le mura dorate e tempestate di gemme della Gerusalemme celeste.

La prima schiera degli eletti è in cattivo stato di conservazione. Preceduta da due angeli, contiene una Vergine Maria giovane e bruna, che sembra accompagnare per mano verso Cristo il primo della fila, forse Giovanni Battista. Tra le figure si riconoscono dubitativamente alcuni santi come san Giuseppe, Gioacchino, san Simeone.

Paradiso

(Paradiso)

(Paradise)

  Nelle fasce inferiori, divise dalla croce retta da due angeli, sono messi in scena il paradiso, a sinistra, e l'inferno a destra. Il primo mostra una serie ordinata di angeli, santi e beati (tra cui forse i santi "recenti" come Francesco d'Assisi e Domenico di Guzmán)

Inferno

(Inferno)

(Hell)

  Nell'inferno i dannati vengono tormentati dai diavoli e avvolti dalle fiamme che si sprigionano dalla mandorla di Cristo. Dalla mandorla sgorgano quattro fiumi infernali che trascinano nell'abisso gruppi di dannati spinti da plumbei demoni. Il primo fiume travolge gli usurai, caratterizzati dal bianco sacchetto di sporco denaro legato al collo (Reginaldo degli Scrovegni, usuraio e padre di Enrico, è posto da Dante Alighieri nel canto XVII dell'Inferno). Più in basso, impiccato e sventrato, sta Giuda Iscariota. A sinistra di Cristo Giudice, in basso, sta Lucifero con artigli bestiali e due bocche ed un serpente che gli esce dalle orecchie (modello è il Lucifero di Coppo di Marcovaldo nei mosaici del battistero di Firenze). Sta straziando alcune anime e siede sul trono del biblico Leviatan, emblema del male di questo mondo. Lo schema delle pene e dei gironi si rifà a tradizioni diverse dall'Inferno di Dante, come l'Elucidarium di Onorio di Autun. Di proporzioni piccolissime i dannati formicolano tra le angherie a cui i diavoli scimmieschi li sottopongono, esposti al ludibrio e alla berlina, denudati, violati, appesi per i capelli o per i genitali, scherniti e torturati.

Al caos dell'Inferno, per contrapposizione, a destra stanno gli eletti. Dal basso all'alto si nota una schiera tripartita: anime che escono stupite ed oranti dalla terra; la grande processione degli eletti (clero, popolo, donne e uomini che hanno santificato la loro vita); sopra, guidati da Maria, gli antichi santi dell'Antico Testamento e della Chiesa primitiva.

Autoritratto di Giotto

(Autoritratto di Giotto)

(Self-portrait of Giotto)

  Una tradizione indica nella quarta persona in primo piano nella schiera dei beati, con un berretto bianco in capo, un autoritratto di Giotto.

Stile

(Stile)

(Style)

  Le parti migliori, ritenute con maggiore probabilità autografe, sono il Cristo, la Madonna e il gruppo dell'offerta; altre figure, soprattutto nelle schiere angeliche e degli eletti, sono di più difficile valutazione per lo stato di conservazione in parte compromesso.

In generale si ha una riduzione nello scarto delle proporzioni gerarchiche: nella tradizione medievale si tendeva a scalare le figure in base alla loro importanza religiosa, ma come si vede nel gruppo dell'offerta il committente e il suo aiutante appaiono qui quasi della stessa dimensione dei santi.

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