Museo Internazionale

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  Museo del Patrimonio Industriale
  Via della Beverara 123
  40131   Bologna

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Introduzione

Il Museo del Patrimonio Industriale

Storia del Museo del Patrimonio Industriale

Sei secoli di storia produttiva

L'idea di un museo

Il Laboratorio delle Aldini Valeriani

Nascita del Museo

Lo Sviluppo del Museo

L'Edificio e il suo contesto

La Fornace Galotti

Il Restauro della Fornace

Spazi Espositivi

Gli Spazi Espositivi

Il Forno Hoffmann

La Sezione Aldini Valeriani

Bologna dell'Acqua e della Seta

Bologna Capitale del Packaging

Bologna Città della Cultura Meccanica

Le Collezioni Storiche

I Macchinari

Modelli e Plastici

Virtual Tour

Virtual Tour

Il Canale Navile

Il Canale Navile

Missione del Museo

(Missione del Museo)

  Il Museo del Patrimonio Industriale documenta, visualizza e divulga la storia economico-produttiva della città e del suo territorio dal tardo Medioevo all'età Contemporanea. La sua attività è incentrata sullo studio, la documentazione e la divulgazione della storia produttiva di Bologna e del suo territorio, dal XIV secolo ad oggi, facendo riferimento agli uomini, alle imprese, alle tecnologie, alla formazione professionale, alle tecniche, alle innovazioni tecnologiche e di prodotto.

La Sede del Museo

(La Sede del Museo)

  Il Museo del Patrimonio Industriale di Bologna ha sede nei suggestivi edifici ristrutturati della Fornace Galotti, una fornace da laterizi della seconda metà dell'Ottocento, nella prima periferia, in un'area caratterizzata nel secolo scorso dalla presenza di pile da riso ed altri opifici idraulici, di fornaci, della prima centrale elettrica della città, oltre che del Canale Navile, utilizzato per il trasporto di merci fino al secondo dopoguerra.

Il Sistema Musei Bolognesi

(Il Sistema Musei Bolognesi)

  Il Museo del Patrimonio Industriale fa parte dell’Istituzione Bologna Musei del Comune di Bologna ed è il fulcro dell'area Patrimonio Industriale e Cultura Tecnica. Il Museo fa parte dell'Istituzione Bologna Musei, che gestisce e coordina l'attività dei musei comunali: Museo civico archeologico, Museo civico medievale, Collezioni comunali d'arte, Museo Davia Bargellini, Museo del Patrimonio Industriale, Museo e biblioteca del Risorgimento, Museo internazionale e biblioteca della musica, MAMbo - Museo d'Arte Moderna, Museo Morandi, Casa Morandi, Villa delle Rose, Museo per la Memoria di Ustica.

Meccanica, Elettromeccanica e Meccatronica

(Meccanica, Elettromeccanica e Meccatronica)

  La meccanica prima, poi l'elettromeccanica e la meccatronica sono diventate le nuove componenti del comparto, sostenuto da un sistema di medie e piccole imprese capaci di realizzare soluzioni e prodotti altamente competitivi sul grande mercato internazionale.
Questa trasformazione è stata resa possibile dalla presenza di istituzioni locali – modelli di istruzione tecnica, banche locali, associazioni di imprenditori e produttori, enti di pianificazione e governo del territorio – necessarie ed indispensabili al nuovo sviluppo.
All’interno della sezione è possibile approfondire le dinamiche alla base dello sviluppo dei comparti del packaging e della motoristica e osservare come una produzione meccanica diffusa si manifesti anche nella presenza di una moltitudine di piccole officine in grado di fornire prodotti di alta qualità.

Dentro a una Fornace

(Dentro a una Fornace)

  Il progetto scientifico del Museo affonda le sue radici negli studi di Luigi Dal Pane prima, Carlo Poni e Alberto Guenzi poi, sull’identità industriale di lungo periodo di Bologna: una capitale europea della proto industria serica che dopo un drammatico e irreversibile declino alla fine del Settecento, crea nel secolo successivo i presupposti di un nuovo modello di sviluppo basato su formazione e innovazione. In questo processo un ruolo strategico è stato svolto dalla formazione tecnica attraverso l’Istituto Aldini Valeriani, la scuola che ha formato generazioni di artigiani, tecnici, capi-officina, imprenditori, a loro volta protagonisti dello sviluppo industriale di Bologna nel Novecento.

L'idea di un museo

(L'idea di un museo)

  Sino alla fine degli anni 1970 mancavano studi, ricerche e riferimenti scientifici sull’intreccio esistente tra scuola tecnica e sviluppo industriale del territorio. Al tema venne dedicata la mostra Macchine Scuola Industria dal mestiere alla professionalità operaia (sala ex Borsa 1980) voluta dall’Amministrazione Comunale che gestiva da oltre 150 anni l’Aldini Valeriani, e che va considerata il punto di avvio dell’esperienza del Museo. In quell’occasione vennero approfonditi gli elementi che facevano dell’Aldini un unicum nel panorama italiano.

L'Istituto Aldini Valeriani

(L'Istituto Aldini Valeriani)

  L’apprezzamento del mondo scientifico e il successo di pubblico avuto dalla mostra indussero l’Amministrazione Comunale a non disperdere questa esperienza dando vita a un Museo-laboratorio Aldini-Valeriani Aldini collocato all’interno dell’Istituto Aldini Valeriani. L’obiettivo era proseguire l’opera di divulgazione e sperimentazione museografica e promuovere una attività educativa innovativa immediatamente apprezzata dalla comunità scolastica. Vennero individuati nuovi linguaggi espositivi, ricorrendo alla contaminazione tra allestimenti tradizionali, utilizzo di supporti audiovisivi, costruzione di modelli e apparati funzionanti. L’intervento più innovativo fu la produzione di modelli funzionanti di grande dimensione degli apparati produttivi che avevano caratterizzato l’antico setificio dei secoli XIV-XVIII. Importante per far conoscere il lavoro del Museo fu anche la sua partecipazione a esposizioni nazionali quali la XVII Triennale di Milano dedicato a “Il luogo del lavoro. Dalla manualità al comando a distanza” del 1986, La cultura delle macchine nel 1989 al Lingotto di Milano, Le seduzioni dell’artigianato, alla Fiera di Roma 1990

Il legame con il tessuto economico cittadino

(Il legame con il tessuto economico cittadino)

  Il forte legame esistente tra città e formazione tecnica, l’identità comune degli ex Aldiniani, che una volta diplomati, avevano sentito il bisogno di continuare a mantenere vivi i legami nati nelle aule scolastiche; i ricordi dei protagonisti, i materiali di archivio e le fotografie; infine lo studio delle collezioni storiche di macchine, degli apparati produttivi, delle strumentazione di laboratorio. Emergeva così un quadro preciso del percorso di sviluppo tecnologico dell’industria bolognese e una articolata riflessione sulla strategia di modernizzazione che il Comune aveva posto in atto attraverso politiche di formazione professionale.

Nascita del Museo del Patrimonio Industriale

(Nascita del Museo del Patrimonio Industriale)

  Il 1 febbraio 1994 venne inaugurata la mostra Fare Macchine Automatiche. Storia e attualità di un comparto produttivo 1920-1990 che segnò un’ulteriore tappa nel processo di sviluppo del Museo. Il progetto culturale si allargò non solo alla formazione professionale, ma anche all’agire di questa nelle dinamiche economiche del territorio e più in generale nell’identità produttiva dell’area bolognese. Le metodologie museografiche consolidate vennero estese alle dinamiche più recenti della società industriale, ricercando collegamenti e rapporti con aziende, imprenditori e tecnici protagonisti dello sviluppo produttivo locale. Nel 1998, assunta la denominazione di “Museo del Patrimonio Industriale”, il Museo si trasferì nell’attuale sede della fornace da laterizi Galotti, ristrutturata, di fatto raddoppiando l’area espositiva. Grazie alla costruzione di una solida rete di relazioni con il mondo industriale si costituì la Associazione Amici del Museo del Patrimonio Industriale, che oggi conta l’adesione di oltre sessanta aziende. L’Associazione è un supporto operativo essenziale per il Museo svolgendo un ruolo di collegamento tra il mondo della produzione e dello sviluppo e quella della promozione di questi temi

L'Assetto Attuale

(L'Assetto Attuale)

  L’assetto attuale del Museo si è consolidato con progressive azioni di approfondimento e integrazioni delle collezioni a partire dalla mostra Prodotto a Bologna. Una identità industriale con cinque secoli di storia che nel 2000 ha riorganizzato per il 70% gli spazi espositivi. I numerosi percorsi di ricerca attivati hanno dato vita ad altrettante mostre di approfondimento, di volta in volta dedicate all’automazione, alla meccanica di precisione al biomedicale, alle vicende delle aziende storiche del territorio. La metodologia basata sulla interdisciplinarità, l’utilizzo di fonti diverse, di narrazione basate sui racconti dei protagonisti trova riscontro negli allestimenti, in cui macchine, modelli funzionanti, strutture video e informatiche restituiscono informazioni, suggeriscono approfondimenti e invitano a ritrovare i vari fili dello sviluppo industriale di Bologna.

La Fornace Galotti

(La Fornace Galotti)

  Costruita nel 1887, la Fornace Galotti “Battiferro” era all'epoca il più grande impianto per la produzione dei laterizi di Bologna, dotato di forno Hoffmann a 16 camere, in funzione tutto l'anno con 250 operai. La sua attività è cessata nel 1966. Costituisce uno degli esempi più significativi in Italia di recupero di uno stabilimento industriale per scopi museali.

Il Restauro della Fornace Galotti

(Il Restauro della Fornace Galotti)

  Sede del Museo del patrimonio industriale ospita nel forno, recuperato con criteri conservativi, e nei sovrastanti ambienti un tempo adibiti ad essiccatoi, gli spazi espositivi permanenti per un totale di circa 3.000 m2. In una palazzina adiacente sono invece collocati la sala per le esposizioni temporanee, l'Archivio-Biblioteca e gli uffici.

Descrizione degli Spazi Espositivi

(Descrizione degli Spazi Espositivi)

  Articolata in cinque sezioni, l'esposizione permanente si sviluppa per circa 3.500 m² su tre piani e sei percorsi.

Al piano terra, nel forno Hoffmann, sono conservate le collezioni di strumenti scientifici, modelli, macchinari appartenuti all'Istituzione Aldini-Valeriani. Attorno al forno, vi sono la sezione dedicata alla Fornace Galotti e alla produzione dei laterizi ed una seconda incentrata sul comparto del packaging.

Al secondo piano sono illustrati cinque secoli di eccellenza produttiva bolognese, dall'antica produzione della seta che sfruttava un sofisticato reticolo di distribuzione delle acque per la forza motrice, alla novecentesca produzione meccanica e meccatronica.

Nel piano intermedio, infine, si forniscono dati, informazioni ed esempi di nuovi ritrovati innovativi.

Il Forno Hoffmann

(Il Forno Hoffmann)

  Al piano terra, nel portico circostante il forno Hoffmann, viene delineata la storia della Fornace Galotti ed in genere della produzione industriale dei laterizi, iniziata nella seconda metà dell'Ottocento con questo tipo di forno a ciclo continuo. Plastici, stazioni interattive, un video, calchi e relativi manufatti ornamentali documentano i processi di lavorazione e le tipologie dei prodotti.

Il Portico di Accesso

(Il Portico di Accesso)

  Nel portico di accesso sono disposti degli stampi risalenti ai primi decenni del Novecento, provenienti dalla Società Laterizi di Imola, ed i manufatti ornamentali in terracotta grazie ad essi realizzati: elementi decorativi o strutturali per edifici; coppi, tegole e comignoli per tetti e coperti; vasi e olle anche di grandi dimensioni. Alcune immagini fotografiche di edifici e palazzi signorili di Bologna e Imola testimoniano il largo impiego, in passato, di questi prodotti ornamentali in cotto.

La Produzione di Mattoni

(La Produzione di Mattoni)

  La Fornace Galotti "Battiferro" iniziò la produzione nel 1887 in un'area, lungo il Navile, ricca di argilla di ottima qualità. L'impianto era dotato di forno Hoffmann a 16 camere al cui progetto originario il titolare, Celeste Galotti apportò alcune modifiche innovative: bocchettoni del fumo posti sulle pareti esterne, una conformazione della volta particolarmente adatta alla cottura delle tegole piane; utilizzo della carta paglia in luogo dei pesanti divisori in ferro tra una camera di cottura e l'altra. Vi erano occupati per tutto l'anno 250 operai. L’attività si concluse nel 1966.

Anni '80: L'acquisizione del Comune di Bologna

(Anni '80: L'acquisizione del Comune di Bologna)

  Negli anni 1980 il Comune di Bologna acquisì dalla ditta Galotti l’edificio e i terreni circostanti, operando quindi un complesso intervento di conservazione – limitatamente al forno - e ristrutturazione. Una parte del complesso ospita dal 1997 il Museo del Patrimonio Industriale.
I particolari costruttivi della galleria ad anello del forno, l’accesso alla camera del fumo, gli allestimenti con plastici e apparati esplicativi in video e su pannelli permettono al visitatore di comprendere l’originario utilizzo degli spazi all’interno della fornace e le diverse fasi della lavorazione, dall’estrazione della materia prima alla cottura dei prodotti.

La Sezione Aldini Valeriani

(La Sezione Aldini Valeriani)

  All'interno del forno Hoffmann, al piano terreno, sono collocati modelli, macchine, strumenti tecnico-scientifici provenienti dalle collezioni Aldini-Valeriani, la più antica scuola tecnica della città, che permettono di percorrere le principali tappe tecnologiche della Rivoluzione Industriale, documentando i profondi legami con l'industrializzazione di Bologna, nell'Ottocento e nel primo Novecento. Un percorso originale lungo le principali tappe tecnologiche della Rivoluzione Industriale a Bologna, documentando i profondi legami con il suo sviluppo industriale tra XIX e inizio XX secolo.
Alla fine del secolo XVIII a Bologna il crollo irreversibile del setificio aprì una crisi profonda di deindustrializzazione. Per risollevare le sorti della città alcuni intellettuali e personalità del mondo economico e della produzione cercarono di introdurre innovazioni in accordo con i mutamenti locali e internazionali. Tra questi si distinsero Luigi Valeriani (1758-1828), docente di economia pubblica all'Università di Bologna, e Giovanni Aldini (1762-1834), fisico sperimentale dell'Università di Bologna e nipote di Luigi Galvani. Nei loro testamenti affidarono al Comune di Bologna risorse ed indicazioni per avviare corsi di istruzione tecnica, ritenendo essere questo il mezzo più efficace per aggiornare maestranze e sistemi di produzione alla nuova realtà industriale.
L'Istituzione Aldini-Valeriani che l'Amministrazione Comunale costituì, aprì la strada verso forme di insegnamento destinate a segnare profondamente la moderna industrializzazione della città.
All'interno di questa sezione espositiva è possibile osservare l'evoluzione delle metodologie didattiche dell'istituzione Aldini-Valeriani parallelamente all'ammodernamento urbanistico e al progressivo sviluppo economico della città con la nascita delle prime aziende meccaniche come la Calzoni, la De Morsier, le Officine Meccaniche di Castel Maggiore

Introduzione

(Introduzione)

  La prima sezione, “Bologna dell'acqua e della seta”, è dedicata al setificio bolognese dei secoli XIV-XVIII, in grado di esportare ogni anno tonnellate di filati e veli. Questa supremazia, basata sull'alta tecnologia del mulino da seta, è visualizzata con scenografie, exhibit, plastici, audiovisivi, modelli di impianti funzionanti; tra questi, un mulino da seta alla bolognese ricostruito in scala 1:2, un apparato meccanico complesso costituito da un filatoio-torcitoio movimentato da una ruota idraulica, abbinato ad un incannatoio.

Il Mulino da Seta Bolognese

(Il Mulino da Seta Bolognese)

  Punto focale della sezione è il modello funzionante in scala 1:2 di mulino da seta alla bolognese, ricostruito dal Museo per recuperare la memoria di questa macchina straordinaria andata perduta nell'Ottocento. Nel momento di massima espansione dell'industria serica a Bologna erano in funzione più di 100 macchine le quali rappresentavano il punto più alto della tecnologia europea prima della Rivoluzione industriale.

La Lavorazione della Seta

(La Lavorazione della Seta)

  La lavorazione della seta avveniva dentro le mura e l'intero processo era gestito damercanti-imprenditori. Le contrattazioni per l'acquisto dei bozzoli avvenivano nell'attuale Piazza Galvani. Diversi erano i modi di produzione utilizzati nelle altre fasi del ciclo di lavorazione: c'erano manifatture per la trattura del filo; il sistema di fabbrica nei mulini da seta; il lavoro di tessitura a domicilio svolto da centinaia di donne; la bottega artigiana per la rifinitura del prodotto.

Il Modello del Mulino da Seta Bolognese

(Il Modello del Mulino da Seta Bolognese)

  Il modello, in scala 1:2, rappresenta il mulino da seta alla bolognese composto da un alto cilindro in cui trova spazio il filatoio e il torcitoio (collegato lateralmente ad una ruota verticale a cassette per mezzo di un ingranaggio a pioli) e dall'incannatoio meccanico.
All'albero orizzontale della ruota è collegato un motore elettrico che mette in funzione il modello che a sua volta trasmette il movimento all'intero mulino da seta.
Al di sopra della ruota un piccolo scivolo in legno simula lo sbocco del canale (chiavica) che alimentava nella realtà la ruota

Il Sistema dei Canali Bolognesi

(Il Sistema dei Canali Bolognesi)

  Parallelamente all'organizzazione del setificio la sezione mostra le caratteristiche uniche del sistema idraulico artificiale di cui la città si dotò fin dal XII secolo. Il sistema era composto da chiuse (sul fiume Reno e sul torrente Savena), canali (di Reno, di Savena, delle Moline e Navile) e chiaviche, condotte sotterranee che distribuivano a rete l’acqua in molte zone della città.
La disponibilità della risorsa idrica, unita all’alta tecnologia raggiunta dai mulini da seta, permisero ad una città, non dotata di significativi corsi d’acqua naturali né di uno sbocco sul mare, di recitare un ruolo da protagonista nel panorama della proto-industria europea e del grande commercio internazionale per oltre quattro secoli.

Il Canale Navile

(Il Canale Navile)

  A valle del sistema, un porto canale, e il canale Navile, permettevano a merci e passeggeri di raggiungere il Po e Venezia. Questo sistema, perfezionato e gestito nei secoli con grande lungimiranza dal governo cittadino, è rimasto funzionale ai bisogni della città fino agli inizi del XX secolo.

Introduzione

(Introduzione)

  Sezione dedicata alle macchine per il confezionamento, la dosatura e l'imballaggio con esempi di produzione bolognese degli anni 1940-'70. Questi prototipi, funzionanti ed esposti al piano terra del Museo, nel portico del forno Hoffmann, sono integrati da video ed apparati esplicativi. Essi documentano le principali innovazioni di prodotto e di processo che hanno consentito l'affermarsi di questo importante settore produttivo. Sempre al piano terreno, nel portico esterno del forno, è presente una collezione di macchine degli anni 1940-'60 (ACMA, CAM, Carle & Montanari, Corazza, Cassoli, IMA, MG2, G.D, Zanasi) che hanno contrassegnato la nascita e lo sviluppo del comparto bolognese per la dosatura, il confezionamento e l'imballaggio dei prodotti. Sei di esse sono funzionanti, con video ed apparati esplicativi che ne illustrano caratteristiche, innovazioni di prodotto e di processo.

Bologna Leader del Comparto Packaging

(Bologna Leader del Comparto Packaging)

  Bologna è da tempo leader internazionale nel comparto del packaging che ha assunto dal secondo dopoguerra le caratteristiche di un distretto industriale a specializzazione flessibile. Le macchine bolognesi si sono affermate per la grande capacità di rispondere rapidamente e con continuità alle esigenze dei clienti.
La formazione del comparto è avvenuta all'interno di un più ampio processo di sviluppo industriale che si è avvalso della presenza di due imprese meccaniche importanti - l'ACMA e la SASIB - che tra gli anni 1920-'30 cominciano l'una a produrre una vasta gamma di confezionatrici per il settore farmaceutico e alimentare, l'altra a sperimentare soluzioni per il confezionamento delle sigarette ed il loro impacchettamento.
La capillare presenza di attività artigianali qualificate e polivalenti (destinate a svolgere una vasta gamma di lavorazioni su commessa) e la diffusione della cultura meccanica - tramite l'Istituto Tecnico Aldini-Valeriani - hanno consentito a molti tecnici e progettisti, negli anni 1940-'70, di diventare imprenditori contribuendo alla formazione dell'odierno distretto industriale del packaging.

Introduzione

(Introduzione)

  La seconda sezione dell'esposizione “Prodotto a Bologna” è dedicata alla moderna città della cultura meccanica ed elettromeccanica, in cui prodotti simbolo (macchina da tortellini Zamboni-Troncon, 1911; ACMA 713 per confezionare l'Idrolitina, 1927; moto F.B.M. Gabbiano, 1956; auto da corsa Maserati; condensatori S.S.R Ducati Manens, 1925), fanno da guida ai percorsi di conoscenza della moderna organizzazione produttiva della città e del suo distretto industriale. Sono presenti ditte come Calzoni, Minganti e Morara (macchine utensili); A.C.M.A, G.D e SASIB (macchine automatiche); Carpigiani (macchine per gelato); Maccaferri (gabbioni); ancora G.D, Minarelli e Ducati (moto e motori); CIAP, Marzocchi e Verlicchi (ingranaggi, sospensioni e telai); Bonfiglioli (motoriduttori); Marposs (sistemi di controllo); Mortara-Rangoni (apparati medicali); Officina Comunale del Gas di Bologna (servizi di illuminazione e riscaldamento).

L'Industria Meccanica ed Elettromeccanica

(L'Industria Meccanica ed Elettromeccanica)

  Oggi Bologna si caratterizza come una vera e propria capitale dell'industria meccanica ed elettromeccanica. Il distretto dei produttori di macchine per packaging e quello relativo alla motoristica contribuiscono ad affermare la nostra area a livello mondiale per quanto concerne l'industrializzazione avanzata.
I casi/prodotto analizzati puntano l’obiettivo su sistemi complessi di conoscenze quali l’organizzazione del network produttivo, il modo di operare di tecnici ed imprenditori, l’agire dell’innovazione e del sistema economico che li sorregge, la diffusione delle competenze e l’affermarsi di qualità e capacità competitive.

Le Collezioni

(Le Collezioni)

  Le Collezioni sono composte da più di 1000 pezzi di natura e provenienza composita: macchine, plastici, modelli, apparecchi e strumentazione scientifica, exhibit interattivi. Gli oggetti sono stati schedati e sono reperibili in una banca dati nel sito dell'IBC Emilia-Romagna.

Il Gabinetto Aldini di Fisica e Chimica Applicata

(Il Gabinetto Aldini di Fisica e Chimica Applicata)

  Composta da strumentazione tecnico-scientifica e modelli provenienti dal Gabinetto Aldini di Fisica e Chimica Applicata (1863-1876) diretto da Sebastiano Zavaglia (1824-1876) e creato per aggiornare l'insegnamento scolastico destinato, in particolare, alle maestranze delle industrie locali, secondo la volontà e i lasciti testamentari del fisico Giovanni Aldini.
Gli apparecchi documentano settori della fisica: meccanica, ottica, acustica, elettricità; uso delle fonti di energia: idraulica, vapore, elettricità; importanti applicazioni tecnologiche: gas illuminante, telegrafia, galvanoplastica.
Il nucleo si compone di 362 pezzi costruiti nel Gabinetto stesso o acquistati presso importanti costruttori italiani e stranieri: Longoni, Dall'Acqua, Ginori, Pizzorno, Clair, Salleron, Secretan, Lenoir.

La Collezione Giovanni Aldini

(La Collezione Giovanni Aldini)

  Composta dagli apparecchi tecnico-scientifici del fisico-sperimentale bolognese Giovanni Aldini (1762-1834) lasciati con testamento al Comune di Bologna insieme alle proprie rendite per realizzare forme di insegnamento nella fisica meccanica e chimica applicata.
La raccolta comprendeva 538 oggetti, alcuni costruiti da importanti meccanici e fisici dell'epoca: Megale, Bate, Geiser, Grindel, Pagani, Ludovisi.
Accanto a strumenti per esperienze sull'elettricità, la chimica, la meccanica, il vapore, la geodesia vi erano apparecchi di misura, modelli d'impianti produttivi e macchine, altre novità tecniche dell'epoca.
Perduta l'unitarietà originaria per adattarsi agli usi dell'insegnamento, la collezione Aldini è giunta a noi fortemente ridotta; attualmente sono 16 gli oggetti riconosciuti come sicuramente appartenenti ad essa.

Gli Istituti Aldini Valeriani

(Gli Istituti Aldini Valeriani)

  Composta da attrezzature di officina e apparecchi da laboratorio delle scuole tecniche che il Comune di Bologna costituì con i lasciti di Giovanni Aldini e Luigi Valeriani:
- Istituto per le Arti e i Mestieri (1878-1913)
- Scuola industriale (1913-1932)
- Istituto Tecnico-Industriale (1932-1970)
La tipologia dei pezzi comprende: utensili, macchine, strumenti di lavoro, apparati delle diverse officine di specializzazione, apparecchi per dimostrazioni ceduti al Museo a seguito del rinnovamento degli apparati della scuola.

Le Scuole Tecniche Bolognesi

(Le Scuole Tecniche Bolognesi)

  Composta dalla strumentazione tecnico-scientifica e dai modelli delle Scuole Tecniche Bolognesi (1844-1860) , istituite dal Comune di Bologna, con i lasciti del fisico sperimentale Giovanni Aldini (Fisica Meccanica e Chimica Applicata alle Arti) e dell'economista Luigi Valeriani (Disegno Applicato alle Arti).
Il nucleo di 30 pezzi conservati comprende: modelli di macchine (mulini), motori (ruote idrauliche e turbine), strumenti di lavoro (calibri e strumenti da orologiaio), organi di trasmissione del movimento, apparati dimostrativi dell'equilibrio delle forze e delle più importanti macchine semplici.
Della loro costruzione si sono occupati prevalentemente noti artigiani locali: Amadori, Teodorani, Veronesi, Poluzzi e l'Officina Meccanica di Castel Maggiore.

Il Distretto della Macchina Automatica

(Il Distretto della Macchina Automatica)

  Raccolta di prodotti realizzati da alcune ditte di subfornitura dell'area bolognese, spina dorsale dei grandi distretti del packaging e della motoristica.
Grazie a tante piccole aziende in grado di rendere disponibili singole parti o componenti per quelle più grandi che propongono un prodotto finito sul mercato, si è potuto sviluppare il particolare modello di distretto che ha caratterizzato il territorio emiliano.
Il Museo ne mostra alcuni esempi, dai motori Minarelli ai telai Verlicchi, alle forcelle Marzocchi, ai motoriduttori Bonfiglioli, ai misuratori di altissima precisione Marposs.

Elettromedicale

(Elettromedicale)

  Raccolta dedicata alla storia del settore elettromedicale a Bologna, con un particolare focus sulla vicenda imprenditoriale della famiglia Rangoni, ed alle produzioni delle aziende da essa fondate lungo un secolo di storia. In esposizione elettrocardiografi degli anni 1940-’60 e 1970, fino alle moderne smart-card che permettono ad un normale computer le funzionalità di un elettrocardiografo.
Immagini provenienti da archivi aziendali ed exhibit interattivi completano e integrano la raccolta.

Macchine Automatiche

(Macchine Automatiche)

  Raccolta di macchine automatiche per confezionamento, dosatura e imballaggio delle principali aziende produttrici bolognesi, anni 1920-1980. Appartengono solo in parte al Museo che le conserva per donazione, prestito o deposito di lunga durata.
L’identità originale di queste macchine è stato il concetto guida della metodologia di lavoro tipicamente adottata dal Museo: la valorizzazione della identità industriale moderna di Bologna attraverso ricerche storiche, documentarie, tipologiche di percorsi aziendali (dai protagonisti ai prodotti).
In questo modo il Museo si collega permanentemente al tessuto economico territoriale, acquisendo un ruolo di promotore dell'immagine dell'area bolognese attraverso l'eccellenza di prodotti leader sui grandi mercati internazionali, l'innovazione applicata in epoche diverse a prodotti e processi produttivi, la qualità delle risorse umane, i modelli di sviluppo realizzati.

Motoristica

(Motoristica)

  Raccolta di esemplari di motociclette, componentistica e auto che documentano la storia della produzione motoristica a Bologna nel XX secolo.
Ogni anno viene rinnovata con la presenza a rotazione di un esemplare di auto della produzione dei fratelli Maserati.

I Modelli

(I Modelli)

  I modelli, molti dei quali funzionanti, hanno il compito di illustrare luoghi di lavoro, macchine e strutture rendendo più immediato il loro funzionamento e i loro modi di utilizzo. Tale strategia è ripresa direttamente dalle metodologie di studio adottate nel tempo nell'Istituto Aldini-Valeriani in cui furono costruite o acquistate decine di modelli ad uso degli studenti, con forti intenti pedagogici.

Plastici

(Plastici)

  I plastici illustrano la realtà produttiva della città dal medioevo al XIX secolo, riproducendo in scala edifici, strutture complesse e luoghi di lavoro altrimenti difficilmente rappresentabili. L'attenzione è stata rivolta, in particolare, all'antico setificio bolognese di cui si è nel tempo persa ogni traccia

Virtual Tour

(Virtual Tour)

  Il Virtual Tour del Museo consente a tutti gli utenti del web di accedere in maniera virtuale agli spazi del Museo e conoscere la storia produttiva della città di Bologna dal tardo medioevo alla fabbrica 4.0.

Questa tecnologia, sviluppata dallo Studio di comunicazione Veronesi Namioka, utilizza foto panoramiche interattive da esplorare con immagini ad altissima risoluzione. Ciò consente di osservare oggetti, modelli, macchine, strumentazioni scientifiche in maniera soggettiva e di sentirsi così immersi negli spazi del museo.

La nuova esperienza restituisce una visione a 360 gradi del percorso di visita e rinnova la vocazione del museo a luogo vivace, polifunzionale e interattivo, frequentato dagli addetti ai lavori ma anche da appassionati, turisti e bambini.

La scelta di arricchire il tour con numerosi video e narrazioni interattive persegue diversi obiettivi: approfondire le tematiche affrontate, fornire spunti per progetti educativi, lasciare ai visitatori la scelta di riprendere successivamente le suggestioni e i temi del museo.

Vedi il Virtual Tour

(Vedi il Virtual Tour)

La Passeggiata lungo Il Canale Navile

(La Passeggiata lungo Il Canale Navile)

  Il Navile (in dialetto bolognese Al Navélli) è un importante canale della pianura bolognese, sia dal punto di vista idraulico, sia da quello storico. Si origina dalle acque del Canale di Reno, di cui di fatto è la continuazione a nord della città. In corrispondenza dell'uscita dal centro storico, sorgeva, fino ai primi anni del XX secolo, il porto di Bologna che, nel Medioevo, era uno dei maggiori porti fluviali d'Italia e che collegava Bologna (allora dotata di una flotta consistente e di un tessuto industriale nel settore tessile di caratura e valenza europea) col Po di Primaro ed il mare.

Da questo punto (posto in corrispondenza dell'attuale Via del Porto) muta il suo nome in Canale Navile, assume andamento da sud a nord; supera il Battiferro e attraversa la pianura bolognese fino a immettersi nuovamente nel Reno vicino a Passo Segni dopo un percorso di circa 40 km, dei quali 5,3 dalla Chiusa di Casalecchio alla Bova di Via Lame (uscita del Porto). Ha regime determinato in parte dalle regolazioni sulle paratie delle chiuse, ed in parte raccoglie le acque meteoriche di Bologna e di una porzione della pianura, sicché le sue portate medie ordinarie possono essere stimate dell'ordine di 10 metri cubi al secondo, quelle massime possono raggiungere i 100 metri cubi al secondo.

Dopo l'eliminazione del Porto di Bologna, il suo utilizzo è esclusivamente ad uso irriguo e di bonifica, non essendo più idoneo ad uso navigabile. Talvolta, nel corso delle piene, esonda nelle campagne

Il Sostegno del Battiferro

(Il Sostegno del Battiferro)

  In origine costruito in legno, su progetto di Pietro Brambilla, è stato poi terminato in muratura dal Vignola nel 1548 e più volte modificato. È un’importante sistema idraulico che consentiva alle barche provenienti dal mare di superare i forti dislivelli sul Canale Navile e giungere fino in città. Il termine “Battiferro” fa riferimento ad un antico opificio adibito alla battitura del ferro e del rame. Sulla sponda destra si trovano i resti di una pila da riso e di una fornace da laterizi, sulla sinistra la prima centrale idrotermoelettrica di Bologna costruita nel 1901 e il complesso della Fornace Galotti oggi ristrutturata a sede museale

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